by Sergio Segio | 10 Febbraio 2012 7:59
FRANCOFORTE — Primi segnali di stabilizzazione dell’economia europea, necessità di rendere più flessibile il mercato del lavoro e cauta disponibilità a partecipare al secondo pacchetto di aiuti alla Grecia, senza far scattare la proibizione del finanziamento monetario. In sostanza, sono questi i temi principali toccati ieri dal presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, al termine della riunione del Consiglio direttivo, nella quale i governatori hanno lasciato invariato il costo del denaro all’1%, senza lanciare segnali di una riduzione dei tassi a marzo. Probabilmente perché, secondo gli esperti, la Bce intende aspettare l’esito del lancio della seconda maxi asta di pronti contro termine triennali a fine febbraio, con collaterali allargati. Si vedrà se il nuovo intervento garantirà lo sprone al credito, l’erogazione di finanziamenti alle aziende e, in sostanza, la riapertura dei rubinetti da parte delle banche in modo da attutire l’eterogeneità della crescita economica fra i paesi di Eurolandia. Soltanto successivamente si valuterà se sarà necessario ritoccare di nuovo i tassi.
D’altra parte, mentre l’economia a fine anno è risultata «molto debole», proseguono i segnali di stabilizzazione dell’economia «a un basso livello», confermati dai sondaggi e da primi dati reali.
Nonostante i «rischi al ribasso» e l’incertezza elevata, dovuta al rallentamento globale, alla crisi del debito e alla stretta del credito, la crescita dovrebbe riprendere «gradualmente» nel corso di quest’anno, ha spiegato Draghi, dicendosi cautamente «più ottimista» del Fondo monetario Internazionale. Ma l’ottimismo da solo non basta: Draghi ha indicato anche le scelte che l’Eurozona deve ancora definire. Mentre il fiscal compact, l’accordo sui debiti siglato dai Paesi europei, costituisce «un primo passo verso un’unione fiscale», è necessario che i singoli Paesi procedano «nel risanamento dei conti e nelle riforme ambiziose». Spronando la competitività nei settori produttivi e dei sevizi e riducendo, secondo l’ex governatore di Bankitalia, «le rigidità nel mercato del lavoro e aumentando la flessibilità salariale». Appena velata l’esortazione diretta alla situazione italiana.
Nel frattempo, la prima mega asta da 500 miliardi ha evitato una restrizione considerevole del credito, e secondo Draghi si sono attenuate le tensioni nei mercati, mentre ieri lo spread fra Btp e Bund decennali è calato a 343 punti, ai minimi da ottobre. E per ottenere un ulteriore miglioramento, a parte quello atteso anche dalla firma degli accordi per gli aiuti alla Grecia, l’ex governatore di Bankitalia ha insistito sull’importanza che le banche tornino a fornire credito all’economia reale, facendo pieno uso, «senza alcun senso di biasimo», della nuova asta a 36 mesi, prevista il 29 febbraio. Anzi, ha attaccato i banchieri che in uno scatto di «virilità » mal riposta hanno pubblicamente dichiarato (come Deutsche Bank) di non voler utilizzare la liquidità illimitata per non apparire in difficoltà .
Dalla nuova asta, la Bce si attende di prestare volumi almeno analoghi a quelli dell’asta precedente, pari a quasi 500 miliardi. Ampliando per sette paesi dell’euro, fra cui l’Italia, i collaterali anche a prestiti (con probabilità di insolvenza del debitore fino all’1%, concessi sotto forma di leasing finanziario e factoring pro-soluto e crediti all’esportazione garantiti dalla Sace) con criteri di idoneità nazionali. I quali, secondo il direttore generale di Bankitalia Fabrizio Saccomanni avranno un impatto di 70-90 miliardi aggiuntivi per il sistema bancario italiano. Un provvedimento mirato ad attenuare le difficoltà di accesso al credito anche per le medie imprese. Un’operazione non esente da «rischi», ha ammesso il presidente della Bce, anche se «ben gestibili».
Di grande importanza, anche se non ancora quantificabile, sarà il peso dell’aiuto che la Bce darà alla soluzione della crisi greca e sul quale Draghi si è mostrato ancora abbottonato. Un aiuto che potrebbe concretizzarsi attraverso il possibile scambio dei titoli greci acquistati a prezzo di mercato con altri del fondo salva stati Efsf, mentre gli eventuali profitti potranno essere distribuiti agli Stati dell’euro in ragione delle quote azionarie in Bce (e da questi devoluti alla Grecia).
Altri dettagli sono attesi a conclusione delle trattative in corso a Bruxelles.
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