Draghi: “Subito la riforma del lavoro il modello sociale europeo è morto”

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NEW YORK – Mario Draghi chiede riforme del lavoro che «rendano il mercato più flessibile e anche più giusto di quanto è oggi». Si riferisce ai paesi come l’Italia dove «c’è un mercato del lavoro duale, altamente flessibile per i giovani che trovano contratti da tre o sei mesi, altamente rigido per la parte protetta della popolazione dove i salari aumentano automaticamente con l’anzianità , non con la produttività ». Il presidente della Banca centrale europea scende in campo proprio mentre in Italia le riforme del lavoro sono al centro dell’agenda di governo e dello scontro politico. Draghi rilascia una lunga intervista al Wall Street Journal, dove a proposito delle storture ed iniquità  sul mercato del lavoro dichiara che «il modello sociale europeo è già  morto, se si guarda al tasso di disoccupazione giovanile in alcuni paesi; le riforme strutturali sono necessarie per aumentare il lavoro dei giovani». E aggiunge che l’Europa chiede le liberalizzazioni. In quanto alle critiche rivolte all’austerity, per quanto ne riconosca gli effetti recessivi Draghi sottolinea che «stringere la cinghia non ha alternative», perché qualunque allentamento del rigore di bilancio «scatenerebbe una immediata reazione dei mercati» sospingendo di nuovo al rialzo gli spread e gli interessi sui titoli di Stato. Nonostante le operazioni della Bce per offrire liquidità , “il credito resta scarso” soprattutto nei paesi più deboli dell’eurozona. 
Il banchiere centrale parla dell’ultimo accordo per il salvataggio della Grecia, per sottolineare che «ci sono ancora rischi relativi alla sua attuazione, e poi ci sono probabilmente delle elezioni vicine». A proposito di elezioni, lo conforta però il fatto che «il numero di persone favorevoli al default, all’inflazione o all’uscita dall’euro non sembra maggioritario in Grecia». Più in generale, Draghi non sente di poter dire che la crisi dell’eurozona è finita; tuttavia elenca una serie di indicatori positivi: «C’è più stabilità  sui mercati finanziari. Molti governi hanno preso decisioni di risanamento dei bilanci e di riforme strutturali. C’è un patto fiscale europeo. Il sistema bancario sembra meno fragile, e alcuni mercati di titoli pubblici si sono rianimati». Gli intervistatori del Wall Street Journal gli oppongono la critica più frequente che viene mossa negli Usa (sia dall’Amministrazione Obama che dai media, o anche dal Fmi), cioè l’effetto pro-ciclico dell’austerity imposta ai paesi europei. Draghi ribatte a sua volta con una domanda retorica: «C’è un’alternativa al risanamento dei bilanci pubblici?» E si dà  questa risposta: «I rapporti tra debito pubblico e Pil erano eccessivi, quindi non c’è alternativa al consolidamento fiscale, anche se non si può negare che nel breve termine questo abbia l’effetto di frenare la crescita». 
In futuro la crescita sarà  rilanciata attraverso “il canale della fiducia”, ma «non è qualcosa che succederà  nell’immediato». Il presidente della Bce traccia una precisa distinzione tra l’austerity buona e quella cattiva: «E’ buona se si riducono le tasse e la spesa pubblica, e quest’ultima si concentra nelle infrastrutture e in altri investimenti. E’ cattiva se si aumentano le tasse e si tagliano gli investimenti».
Draghi affronta indirettamente le critiche rivolte dagli americani ad Angela Merkel, accusata di imporre la recessione al resto d’Europa. Pur senza citare la Germania da sola, né la sua cancelliera, il banchiere centrale descrive un’eurozona dove ci sono «paesi ad alto debito e bassa crescita, e paesi con pochi debiti e forte crescita». E quindi osserva: «Non possiamo stare in un sistema dove tu spendi quanto vuoi, e poi chiedi agli altri di emettere bond tutti insieme. Non si può stare in un sistema dove tu spendi e io pago. Prima di spostarci verso una unione fiscale dobbiamo avere un sistema in cui ogni paese sa reggersi da solo. Questo è il pre-requisito per la fiducia reciproca. Il cosiddetto patto fiscale è un trattato in cui i paesi cedono sovranità  nazionale per accettare regole comuni e molto vincolanti nelle politiche di bilancio, accettano una sorveglianza e accettano che queste regole siano inserito nella loro legislazione in modo da non poter essere cambiate facilmente». Alla domanda su quale sia il primo indicatore che consulta quando si sveglia al mattino, Draghi risponde senza esitazioni: “La Borsa”. La parità  dell’euro lo preoccupa meno, se la consulta, “non è al mattino presto”.


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