Da Pirelli arrivano i risarcimenti per i lavoratori morti d’amianto

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Sei hanno già  chiuso e hanno avuto la promessa di un risarcimento che in totale supera già  abbondantemente il milione di euro. Per altri sei le trattative sono in corso, altri ancora potrebbero aggiungersi nei prossimi giorni. Sono i familiari dei venti dipendenti della Pirelli che lavorarono nello stabilimento di viale Sarca negli anni ’70 e ‘80, morti per malattie legate all’amianto, e di altri quattro operai ammalati ma ancora vivi, parti offese nel processo che si è aperto ieri e che per Milano ha un valore per certi versi storico. Non è la prima volta che il tema dell’asbesto nelle fabbriche delle città  arriva nelle aule giudiziarie. Ma la vicenda che vede ora sul banco degli imputati undici ex dirigenti della fabbrica di pneumatici arriva a dibattimento dopo un iter molto sofferto, fatto di richieste di archiviazione e tenace opposizione da parte dei familiari. E soprattutto, dopo un cambio di strategia della procura, fino a un anno e mezzo fa incline a negare il nesso di causalità  diretto tra esposizione alle fibre da parte degli operai e i tumori che li hanno colpiti, nella maggior parte dei casi uccidendoli.
Ora la Pirelli, che in alcune cause di lavoro era riuscita a vincere il contenzioso con i suoi ex dipendenti, è pronta a pagare. Ma il Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio di Sesto San Giovanni – che ha chiesto ieri di costituirsi parte civile nel processo insieme all’Aiea (Associazione italiana esposti amianto) e a Medicina Democratica – avverte: «Non accetteremo alcuna trattativa né transazione. La Pirelli cerca di comprare la licenza di uccidere e l’impunità ». L’azienda replica sostenendo di aver «sempre agito cercando di tutelare al meglio la salute e la sicurezza dei propri dipendenti con le misure adeguate alle conoscenze tecniche a disposizione nel corso degli anni». E aggiunge: «Pirelli non ha mai utilizzato amianto quale componente nella produzione degli pneumatici, all’epoca l’uso dell’amianto negli edifici era pratica comune nelle tecniche di costruzione».
Ma questo sarà  il processo a stabilirlo: tra le contestazioni del pm Maurizio Ascione – il magistrato che ha riaperto e rilanciato l’inchiesta, destinata prima a procedere su un binario morto – c’è anche l’uso di un talco pericoloso contenente amosite nella produzione della gomma.
L’Aiea ha chiesto l’acquisizione agli atti del processo della sentenza di Torino che ha condannato a sedici anni i vertici della Eternit. La difesa della Pirelli si è opposta ma a causa dello sciopero degli avvocati la discussione è stata rinviata al 19 aprile, data della prossima udienza. In quell’occasione si discuterà  anche della costituzione di parte civile della Regione (per tutte le spese sostenute dalle Asl nella cura degli ammalati e per le attività  di sorveglianza sanitaria) e dell’Inail. Anche nei confronti di questi due enti la Pirelli ha aperto una trattativa per il risarcimento, ma i legali sembrano orientati ad aspettare: Ascione e il procuratore aggiunto Nicola Cerrato hanno aperto un nuovo fascicolo sulla Pirelli con altre dodici nuove parti offese. E questo potrebbe far lievitare le richieste di risarcimento.
Non si è costituito parte civile nel processo, invece, il Comune: la ragione non è nota, la decisione l’avrebbe presa il sindaco sulla base di motivazioni strettamente giuridiche. Luis Vaghi, l’avvocato che assiste una delle vittime, ha chiesto invece la costituzione in giudizio del responsabile civile, cioè della Pirelli. E fa notare: «È assurdo che lo abbiano dovuto fare i familiari degli operai e non chi rappresenta nel processo l’Inail o la Regione, con tutto quello che è stato speso in questi anni per le conseguenze sociali di quei fatti».


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