COSàŒ GLI SCRITTORI GAY CAMBIARONO L’AMERICA

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NEW YORK – «Nel 1958, mentre lavorava alla sceneggiatura di Improvvisamente l’estate scorsa, Gore Vidal portò Tennessee Williams a Palm Beach a trovare il senatore John F. Kennedy e sua moglie Jackie. Williams non aveva idea di chi fossero i Kennedy ma la giovane coppia sapeva bene chi fosse quel famoso drammaturgo. I quattro bevvero cocktail e fecero una partitina di tiro a piattello. Quando Kennedy si fece avanti per prendere la mira, Williams sussurrò a Vidal: “Guarda che culo!”. Vidal lo frenò: non si stuzzica così il nostro prossimo presidente – e riferì la frase a Kennedy. “Wow, davvero eccitante!” rispose lui con un sorrisone. Fu allora che Williams prese da parte Vidal: “Questi due non li eleggeranno mai: troppo carini per gli americani”».
Si può riscrivere la storia d’America partendo dal fondoschiena del presidente più amato? Scrive Christopher Bram, gay dichiarato e autore di quel Padre di Frankenstein che è diventato un film da Oscar con Brendan Fraser: «La rivoluzione gay è cominciata come una rivoluzione letteraria». E su questo assunto costruisce la sua storia della letteratura omosessuale d’America che è anche e soprattutto la storia dell’insostenibile (per gli altri) leggerezza del potere gay. Il libro si chiama Eminent Outlaws, (Fuorilegge Famosi: Gli scrittori gay che hanno cambiato l’America) e dice Dwight Garner, il critico del New York Times già  fondatore di Salon, che «uno dei modi di leggerlo – un modo proficuo – è quello di un’antologia di aneddoti maliziosi e spesso a luce rossa». 
E di storielle il libro abbonda. La comunità  gay – non è un segreto sessualmente scorretto – è nota per le guerre intestine. Scrive Bram che lo “sporco segreto” dei gay viene alla luce nel dopoguerra e l’anno che cambiò tutto è il 1948. Grazie a tre libri. Il Rapporto Kinsey che svelò per la prima volta i segreti del sesso. La città  e il pilastro di Vidal. E Altre voci, altre stanze di Truman Capote. Be’, già  i due autori che diedero il “la” si odiarono per tutta la vita. 
I Fuorilegge si chiamano Allen Ginsberg, Edmund White, James Baldwin – che il solito perfido Vidal definì «un incrocio tra Bette Davis e Martin Luther King»). Ma spettegolando, Bram vuole sottolineare soprattutto come i Fuorilegge cambiarono, appunto, la legge. «I maestri ci dicevano che solo la cattiva arte è politica: ma io credo che la buona arte può gettare le basi per il cambiamento sociale». È proprio la tesi militante che fa di questa storia cosa diversa da quella Guida alla scrittura gay e lesbica che Hugh Stevens ha confezionato giusto un anno fa per la Cambridge University Press. Lì si va alla ricerca del sottotesto gay risalendo all’amicizia tra Antonio e Bassanio nel Mercante di Venezia. Qui più che a Shakespeare si guarda a noi. Quando Christopher Isherwood, l’autore di Addio Berlino che diventerà  al cinema Cabaret, pubblicò quell’Uomo solo che oggi ha segnato il debutto sul grande schermo dello stilista Tom Ford, il Los Angeles Times lo stroncò con un titolo volgarmente allusivo. Era il 1964. Un anno prima, questa stessa America aveva già  assassinato il sogno del presidente «troppo carino per gli americani».


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