Cgil: “Emergenza sociale, almeno 65 mila senza accesso alla pensione”
ROMA – “Siamo di fronte ad una vera e propria emergenza sociale per la quale chiediamo al ministro Fornero di aprire un confronto e di provare a costruire soluzioni socialmente sostenibili”. È questo l’appello che giunge dalla sede nazionale della Cgil a Roma e lanciato da Vera Lamonica, segretaria confederale della Cgil e di Morena Piccinini, presidente dell’Inca durante la presentazione del dossier “Le pensioni negate”. “È una emergenza sociale avere migliaia di persone che non hanno la possibilità di accedere alla pensione – ha affermato Lamonica -. Persone a cui si era detto che erano nella condizione di poterlo fare e ormai in un’età in cui è molto difficile essere ricollocati nel mercato del lavoro attuale”. Il quadro presentato da Cgil e Inca nel dossier descrive “una condizione assolutamente insostenibile – ha aggiunto Lamonica – che vede decine di migliaia di persone che non sono nella condizione di accedere alla pensione pur avendo perso il reddito da lavoro o avendo finito il periodo di copertura degli ammortizzatori sociali”.
Difficile fare stime esatte di quante persone siano coinvolte in questa vicenda. “Solo quelle che derivano da accordi di mobilità come censiti dall’Inps e accordi di mobilità siglati fino al 4 di dicembre, sono almeno 65mila. Se a questi aggiungiamo tutta la platea degli esodati, cioè coloro che hanno fatto accordi individuali o collettivi in seguito ai quali hanno lasciato il loro posto di lavoro, e se aggiungiamo tutti coloro che per diverse ragioni hanno dovuto (incentivati o meno) lasciare il proprio posto di lavoro, siamo di fronte ad una cifra difficilmente censibile. Mentre per gli accordi di mobilità ci sono gli elenchi all’Inps, quest’altra tipologia di lavoratori non sono in condizione di essere censiti in modo preciso”. Di sicuro, precisa Lamonica, “sono molti di più delle risorse che il governo ha stanziato”.
Una “storia di ordinaria follia”, una vera e propria “lotteria”. Sono queste le immagini evocate da Lamonica e Piccinini. “Un sistema pensionistico per sua natura deve avere la certezza del diritto – ha spiegato Piccinini -. Il poter permettere alle persone di fare una proiezione della propria vita futura e anche delle scelte, ma soprattutto deve essere tale da mettere una persona nella condizione di sapere se rientra o no in una condizione di diritto”. A rendere ancora più complesso il quadro, poi, l’incertezza che riguarda le migliaia di lavoratori con cui sono stati siglati accordi dopo il 4 di dicembre e le cifre enormi che si vedono chiedere tutti coloro che invece si trovano di fronte ad una ricongiunzione onerosa.
“Abbiamo molte tipologie di lavoratori che nel corso della loro vita hanno cambiato lavoro – spiega Lamonica -, o è cambiata soltanto la ragione sociale dell’azienda come nel caso di privatizzazioni o esternalizzazioni: lavoratori che hanno dovuto versare i contributi in casse a diversa gestione. Fino al 2010 questi lavoratori ricongiungevano tutti i periodi di contribuzione nell’Inps e lo facevano gratuitamente perché l’Inps dava una pensione meno favorevole di quella delle casse delle altre gestioni. Dal 2010 questa gratuità è stata tolta, per cui adesso un lavoratore deve ripagarsi tutti i contributi degli anni delle gestioni non Inps con cifre assurde”. Somme snocciolate durante la conferenza stampa da alcuni diretti interessati intervenuti e che in alcuni casi vanno anche oltre le 200mila euro per poter godere dei contributi di quegli anni di lavoro che altrimenti andrebbero persi nel calcolo della pensione. “E’ stato riconosciuto come un errore da tutto il Parlamento – ha spiegato Lamonica -. Fu una cosa fatta per impedire che le donne del pubblico impiego, che allora venivano portate a 65 anni, se ne andassero prima in pensione attraverso l’Inps. Fatta con questo intento, la norma è ricaduta sulle persone. Migliaia di persone”. Diverse tipologie di “pensioni negate”, quindi, che secondo Lamonica richiedono un intervento diretto delle istituzioni, e che qualora non dovesse arrivare, aprirà la reale possibilità di “cause legali e individuali” per ristabilire il diritto negato.
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