Carceri d’Italia, che vergogna!

by Editore | 14 Febbraio 2012 17:21

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Dall’inizio dell’anno, sono già  18 gli uomini morti nelle prigioni del nostro paese, un numero che va ad aggiungersi ai 186 del 2011 e ai 184 del 2010. La media è di due morti ogni due giorni. E per chi resiste, la vita è disumana.

“Io come tanti altri ragazzi mi trovo detenuto nella parte più abbandonata del carcere Sollicciano di Firenze – scrive Vincenzo a Radiocarcere – Qui in pratica viviamo ammucchiati in decine e decine dentro stanzoni fatiscenti dove tutto è sporco e rovinato. Ci danno da mangiare sempre riso e minestra con acqua, ma sempre più acqua che riso e le nostre celle sono invase da scarafaggi che ci camminano ovunque. Qui dentro rischiamo sul serio di prenderci qualche infezione perché l’igiene davvero non c’è”.

O ancora: “Siamo costretti a vivere in 5 persone all’interno di una cella non più grande di 12 mq, cella dove ci manca anche l’aria per poter respirare e la nostra non è una condizione isolata. Tutte le celle del nostro piano sono ridotte alla stessa maniera – scrivono dal carcere Budu e Carros di Nuoro -. Gli spazi sono molto ridotti e facciamo una gran fatica a spostarci. Anche l’igiene è assente e il bagno altro non è che una tazza alla turca messa al centro della stanza, senza nessuna divisione. Non abbiamo nulla qua dentro, né un posto per cucinare né un armadietto per mettere le nostre poche cose. Noi detenuti nel carcere di Nuoro viviamo in queste condizioni per tutto il giorno, visto che ci lasciano chiusi in cella 24 ore su 24”.

E anche: “Vi scrivo per denunciare la gravissima situazione presente nel carcere di Piacenza, un carcere dove al di là  del sovraffollamento i detenuti subiscono ritorsioni se scrivono ai giornali o ad associazioni e dove vengono anche umiliati, maltrattati, e a volte indotti al suicidio. Dico questo perché se qui entra un ragazzo tossicodipendente o che ha problemi psicologici non viene ascoltato e non viene seguito, ma resta abbandonato a se stesso. Non a caso qualche giorno fa un ragazzo si è tagliato la gola durante la notte. Dopo i soccorsi tardivi è stato salvato appena in tempo, è stato portato in ospedale per poi essere rimesso in cella. Il tutto senza che qualcuno si sia preoccupato di farlo parlare con uno psicologo o un educatore. Ecco, così si muore in carcere, per indifferenza”. Da nord a sud, dunque, senza soluzione di continuità , la situazione è aberrante e a suggellarlo è il numero in crescita dei suicidi: 65 nel solo 2011.

E in questi giorni di freddo eccezionale la vita in quelle fogne è addirittura peggiorata: a Campobasso, a Bologna e a Roma tre persone sono morte di freddo. E per non far peggiorare il bilancio, i direttori dei carceri hanno dovuto improvvisare interventi d’emergenza. Quello di Regina Coeli, Mauro Mariani, per esempio, ha dovuto distribuire centocinquanta coperte e centocinquanta cappelli ai detenuti del sesto braccio, che con il termometro a meno dieci e senza riscaldamento rischiavano di restare congelati. “Non ci sono soldi” è la risposta delle istituzioni, ma contemporaneamente nei garage del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sono parcheggiate Maserati da oltre centomila euro.

In questa situazione di stallo, a Eugenio Sarlo, segretario generale Uil Penitenziari, non è rimasto che scrivere l’ennesima lettera al ministro competente Paola Severino, che nel frattempo ha promesso di “restituire a ogni detenuto la dignità  che la Costituzione gli garantisce” preparando un decreto che il ministro non ha esitato a definire “salva carceri, perché salva le carceri italiane dal degrado”. Decreto criticato da ogni parte, Radicali in testa. Consisterebbe nell’investire cinquantasette milioni di euro per “rendere vivibili le carceri” e nell’estensione da dodici a diciotto mesi della pena finale da poter scontare ai domiciliari per le condanne non gravi sono briciole. Un escamotage per abbattere la popolazione carceraria di 3300 detenuti.

Ma 3300 carcerati è una cifra assolutamente irrisoria. Nelle 206 prigioni di stato – che potrebbero ospitare 45.623 persone – gli ultimi dati parlano di oltre 68000 detenuti. Il surplus ammonta dunque a 22.300 anime. Altro che i 3300 della Severino. E alla fine dei conti poco importa se quei 3300 prigionieri in meno porteranno a un risparmio di 375mila euro per ogni giorno di detenzione evitata. Le carceri restano sovraffolate e indecenti.

Eppure, a coloro che si appellano all’indulto o meglio all’amnistia – considerandole soluzioni più efficaci – il ministro risponde di non volerne sentir parlare e rimanda il tutto al Parlamento. Peccato però che il Governo abbia il potere di presentare un disegno di legge in materia, magari accompagnato da un piano di riforma strutturale serio, che accelererebbe i tempi e porterebbe a una svolta duratura. Il ministro non ci sente e continua nel suo ruolo di superficie che mantiene anche di fronte all’acutizzarsi del dramma carceri a causa del freddo. Tanto che il suo unico commento è stato: “Morire di freddo nelle carceri è una vera tragedia”. Stop.

Tutto qui. E ieri, a Sarno, non è rimasto, appunto, che rivolgersi al ministro e incrociare le dita. “In queste giornate connotate dall’eccezionale ondata di freddo – ha scritto il segretario generale Uil penitenziari – pare ravvivarsi una ulteriore  riflessione sulle condizioni strutturali degli istituti penitenziari e in particolare in merito alle difficoltà  a garantirne una climatizzazione idonea. Quella del riscaldamento degli ambienti di detenzione e dei posti di lavoro in ambito penitenziario è un’annosa questione rimasta, purtroppo, irrisolta. […] Più volte abbiamo condiviso e apprezzato il suo dichiarato intento di voler contribuire a restituire la dignità  alle persone detenute. Evidentemente, in queste poche settimane di permanenza a Via Arenula ha ben compreso quale sia lo stato di degrado della maggior parte degli istituti penitenziari e quanto infamanti e indecorose siano le condizioni di lavoro del personale penitenziario. Orbene, la UIL Penitenziari attende che alle parole pronunciate dal Ministro della Giustizia seguano atti conseguenti, propedeutici a restituire dignità , civiltà  e diritti. Tra questi ultimi insiste il diritto alla salute. Oggi, però, possiamo affermare con certezza, in molti penitenziari questo diritto è negato. I decessi per “cause naturali” di queste ultime ore avvenuti a Campobasso e Bologna possano annoverare tra le concause anche le avverse condizioni meteo e l’impossibilità  di garantire idoneo riscaldamento agli ambienti detentivi. E’ del tutto evidente, però, che Bologna e Campobasso rappresentano solo la punta dell’iceberg. Evitiamo di fare l’elenco ma non possiamo certo non far riferimento alle situazioni di Monza, di Roma Regina Coeli, di Reggio Calabria, di Vasto, di Agrigento e così via […]”.

E intanto, la riforma strutturale del sistema carcerario – unica soluzione possibile – resta lontana.

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