Carcere non obbligatorio per chi stupra in gruppo

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ROMA — Per i ragazzi del branco imputati di stupro non si devono spalancare le porte del carcere. Non necessariamente. Il giudice può applicare misure cautelari alternative, se lo ritiene opportuno. Anche gli arresti sotto il tetto di casa, per esempio. Lo ha stabilito ieri la Corte di cassazione. E ha spalancato, quelle sì, le porte delle polemiche. Di tutte le donne, con una trasversalità  che non ha guardato l’appartenenza politica. 
In punta di diritto, per capire questa sentenza bisogna andare a vederne un’altra, quella della Corte costituzionale del 2010, la numero 265. Fu con quel pronunciamento che la Consulta decise che per il singolo stupratore non era obbligatorio il carcere. E affossò così il decreto presentato nel febbraio del 2009 dall’allora ministro degli Interni Roberto Maroni e rapidamente trasformato in legge dal Parlamento. 
C’era stata una escalation di stupri, in quei mesi. Un allarme sociale che aveva fatto scattare la protezione politica. Per questo in quel decreto legge si diceva, chiaro chiaro: per i delitti di violenza sessuale e di atti sessuali con minorenni non è consentito al giudice di infliggere misure cautelari diverse (e meno afflittive) del carcere. Un’esultanza femminile in Parlamento, e fuori. Durata poco. L’anno dopo l’accetta dei giudici togati. 
Ieri il verdetto della Suprema corte. C’è uno stupro di una ragazzina in un paese vicino Frosinone, alla base della nuova sentenza. Il Tribunale del riesame di Roma non aveva esitato, al momento: aveva confermato il carcere ai due autori della violenza sessuale. Del resto la sentenza della Consulta non aveva parlato del branco. Lo ha fatto ieri la Cassazione. 
«E ha emesso una sentenza impossibile da condividere», sbotta Mara Carfagna, oggi deputato del Pdl, ieri ministro delle Pari opportunità  che aveva sostenuto a spada tratta il carcere per gli stupratori e consegnato il suo disegno di legge in proposito nelle mani del collega Maroni. 
Dice ora Mara Carfagna: «Le aggravanti per i reati di violenza sessuale furono introdotte proprio per evitare lo scempio della condanna senza un giorno di carcere per chi commette un reato grave come questo. Il messaggio era chiaro: tolleranza zero contro la violenza sulle donne, che non è un reato di serie B». 
Le parole di Mara Carfagna sono soltanto la stura a un profluvio di polemiche che da sempre in tema di violenza sessuale ricompattano le donne di ogni parte politica. E infatti anche Barbara Pollastrini, Pd, già  ministro delle Pari opportunità  con il governo Prodi, è schizzata contro una sentenza che ha definito «lacerante». Ha detto: «Bisogna capire che il punto non è volersi vendicare, ma poter avere fiducia che si compia sino in fondo giustizia». 
Alessandra Mussolini, deputata pdl, non usa mezzi termini: «È aberrante applicare misure alternative al carcere per lo stupro di gruppo. La Cassazione ha lanciato una bomba a orologeria pronta a esplodere».
Alla Mussolini fa eco la sua collega di partito, Barbara Saltamartini che per definire la sentenza usa proprio lo stesso termine «aberrante». E subito dopo aggiunge: «In questo modo si violenta doppiamente la vittima di un abuso così atroce». 
È un’eco che rimbalza sulla bocca di Teresa Bellanova, Pd: «Questa sentenza rischia di vanificare lo sforzo sovrumano di tante donne che, credendo fermamente nella giustizia, hanno avuto il coraggio di denunciare e di ripercorrere quel percorso di dolore».


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