Accordo Hamas-Fatah Governo di transizione
Il patto è firmato da Meshal e dal presidente dell’Autorità palestinese, Abu Mazen, che del nuovo governo sarà il premier provvisorio. La lista dei ministri, che includerà anche Jihad, sarà presentata in Egitto fra una decina di giorni. Se stavolta si fa sul serio, dopo mesi di docce fredde seguite allo «storico abbraccio» Fatah-Hamas dello scorso aprile al Cairo, significa che a maggio si voterà davvero per il nuovo presidente e per il Parlamento. E che davvero si capirà se Hamas, dopo il successo del 2006 e il putsch che lo portò a governare Gaza, sia in grado di condizionare anche le politiche dell’Anp di Ramallah. All’accordo, Hamas e Fatah arrivano con peso diverso: i primi, in difficoltà per le rivolte arabe e le sanzioni all’Iran (che stanno spingendo il movimento a traslocare dalla Siria), ma più popolari dopo lo scambio dell’ostaggio israeliano Shalit con centinaia di detenuti; i secondi, contestati in casa per i negoziati falliti con Israele, ma alla ribalta internazionale dopo il riconoscimento Onu della Palestina. L’ingresso del movimento islamico nel governo mette a rischio il miliardo di dollari che l’Anp riceve da Usa e Ue, dove Hamas sta sulla lista nera del terrorismo internazionale. «Abu Mazen abbandona la via della pace — è il commento del premier israeliano Bibi Netanyahu —: Hamas vuole la distruzione d’Israele. La pace e Hamas non possono procedere insieme».
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