Youssou N’Dour, una stella per il Senegal

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Alla fine si è candidato. L’annuncio diceva che nella tarda sera di lunedì 2 gennaio il cantante Youssou N’Dour, definito dalle agenzie di stampa «il primo prodotto da esportazione del Senegal», avrebbe sciolto la sua riserva. L’attesa era grande, perché da diversi mesi le ambizioni del celeberrimo cantante e percussionista 52enne costituivano la massima incognita della scena politica senegalese, la cui popolazione andrà  alle urne tra poche settimane, domenica 26 febbraio. Adesso che il dado è stato tratto («Un dovere patriottico»), possiamo facilmente scommettere che la pop star sarà  il prossimo presidente del Senegal, complice anche la crescente impopolarità  del capo dello Stato uscente, Abdoulaye Wade.
L’attesa era incominciata a fine novembre quando, nel bel mezzo di un concerto, Youssou N’Dour annunciò che per qualche tempo avrebbe messo da parte la musica per la politica. In quel momento la “discesa in campo” non venne espressa in una candidatura presidenziale ma, più prudentemente, nel lancio di un nuovo movimento denominato Fekke Maci Boolé, che in lingua Wolof significa “mi impegno”. Da quel giorno tutti erano andati chiedendosi a Dakar se l’impegno di Youssou N’Dour si sarebbe tradotto in una candidatura in prima persona o nel sostegno a un altro pretendente, purché d’opposizione a Wade che, con una forzatura costituzionale, si ripresenta – a 85 anni – per la terza volta.
I propositi della pop star senegalese, la cui immensa popolarità  (e grande ricchezza personale) è senz’altro in grado di far pendere dalla sua parte i favori dell’elettorato, hanno subito fatto venire in mente ai commentatori politici il precedente del liberiano George Weah. Anch’egli stella sommamente popolare in patria, seppure nell’arena calcistica anziché musicale, Weah si candidò alla presidenza del suo Paese nel 2005, nel primo voto libero dopo anni di spaventosa guerra civile. Vinse al primo turno, ma al secondo fu sconfitto da Ellen Johnson-Sirleaf, una delle tre donne premio Nobel per la Pace dell’anno appena concluso.
L’associazione tra le due personalità  è scontata, ma fuorviante. Soltanto l’eccellenza nelle rispettive sfere professionali, l’amore tributato loro dalle folle e la notorietà  internazionale le accomunano. Se infatti la presenza di Weah alla ribalta politica della Liberia è stata meteorica, durando una sola stagione elettorale, Youssou N’Dour affronta da tempo con la sua musica argomenti molto impegnati e svolge già  un ruolo chiave nel formare l’opinione pubblica senegalese. Egli è infatti proprietario di un gruppo editoriale, Futurs Médias, che pubblica il quotidiano L’Observateur, possiede la stazione radio RFM (la radio è il principale mezzo d’informazione nel contesto africano) e da qualche tempo anche una rete televisiva. Di che gridare, di qui al voto, al conflitto d’interessi. Né vanno dimenticate le numerose campagne alle quali l’astro dell’afro-pop ha prestato la propria voce: dall’ultima in ordine di tempo, contro il traffico di farmaci contraffatti che affligge l’intero continente, alla carestia del Corno d’Africa nello scorso agosto-settembre, alla lotta contro la malaria, a quella sua personale per propagandare il volto tollerante dell’Islam africano. E prima ancora, lo Human Rights Tour con Bruce Springsteen, Peter Gabriel e Tracy Chapman.
Se c’è un precedente al quale la candidatura di Youssou N’Dour va ricondotta, è semmai quello dell’impegno politico della musica africana, tradizione vasta e gloriosa, dalla sudafricana Miriam Makeba al nigeriano Fela Kuti, fino ai cantautori delle primavere arabe. Ultimissimi, i rapper del suo Senegal, che contro la terza ricandidatura dell’anziano Wade hanno dato vita al movimento “Troppo è troppo”, una sorta di indignados senegalesi. Nessuno però si era mai spinto così in là  da ambire alla presidenza della Repubblica.


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