Vent’anni di storia e un blitz

by Editore | 27 Gennaio 2012 9:04

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Qualche giorno fa è stata pubblicata la lettera con cui alcune persone di un certo rilievo – Luca Mercalli, Ivan Cicconi, Sergio Ulgiati e Marco Ponti – rispettosamente si rivolgono al presidente del consiglio, Mario Monti, per fargli notare che da ogni punto di vista – compreso quello liberista che anima il governo dei “tecnici” – il tunnel Tav in Val di Susa è una follia, proprio come gli abitanti della Valle e i loro numerosi amici sostengono ormai dal 1992.
1992? Caspita, giusto vent’anni. Chi se lo ricorda più il mondo del 1992? Eppure, in quell’anno capitarono molte cose. Ne ricordo alcune, forse istruttive a chi abbia la pazienza di leggere.
Il 6 gennaio una bomba viene fatta esplodere sulla linea ferroviaria poco prima del passaggio dell’espresso Lecce-Milano-Stoccarda all’altezza di Surbo. Si evita una strage per un pelo. Purtroppo i No Tav avrebbero preso ad esistere qualche mese dopo, non potevano essere loro i colpevoli. Il 13 gennaio iniziano i telegiornali Fininvest: primo il Tg5, diretto da Enrico Mentana. L’anno dopo Berlusconi sarebbe “sceso” in politica. Il 7 febbraio i 12 stati della Cee firmano il Trattato sull’Unione Europea, noto come Trattato di Maastricht. Il 17 febbraio a Milano il socialista Mario Chiesa, direttore del Pio Albergo Trivulzio, viene arrestato per una tangente di 7 milioni di lire. È il primo atto di Mani pulite. Il 5 aprile le elezioni politiche: Dc 29,7%; Pds 16,1%; Psi 13,6%; Lega Nord 8,7%; Prc 5,6%. Il 23 di maggio sull’autostrada che collega Palermo all’aeroporto di Punta Raisi il tritolo uccide il giudice Giovanni Falcone, sua moglie e tre agenti di scorta. Il 26 Oscar Luigi Scalfaro diviene Presidente della Repubblica. Il 28 giugno Giuliano Amato forma il nuovo governo: farà  la manovra da 100 mila miliardi che “salverà ” l’Italia. Il 9 luglio un decreto autorizza infatti il governo al prelievo forzoso sui conti correnti bancari del 6 per mille. La misura è giustificata dal bisogno di fronteggiare le forti speculazioni internazionali che stanno colpendo la lira. Inoltre, il governo decide la privatizzazione di quattro imprese statali: Eni, Iri, Ina ed Enel. Il 19 luglio a Palermo vengono uccisi da un’autobomba il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. Il 18 luglio, nella sala consiliare di Bussoleno nasce nell’indifferenza di politici e media il primo comitato No Tav. Più o meno nello stesso periodo Nomisma, società  legata a Romano Prodi, si aggiudica consulenze varie sull’Alta velocità  ferroviaria. Il 31 luglio, accordo tra Confindustria e sindacati: viene soppressa la scala mobile a partire dal gennaio 1993. Il 12 agosto l’ente Ferrovie dello Stato viene trasformato in società  per azioni. Ma facciamola breve. Il 3 novembre il democratico Bill Clinton è eletto presidente degli Stati Uniti. Il 3 dicembre l’Italia decide l’invio di un contingente per partecipare all’operazione Restore Hope in Somalia.
Se siete arrivati fin qui, noterete quanto lontano sia il 1992 e allo stesso tempo quanto vicino. Certo i presidenti americani e i nomi dei corrotti, o i paesi in cui soldati italiani vanno in «missione di pace», cambiano. Ma c’è qualcosa di duro, di coriaceo, che resta. Le «manovre», le privatizzazioni, in nome della modernità  e dell’Europa, per esempio. E i No Tav della Valsusa.
La magistratura di Torino ha firmato 26 ordinanze di custodia cautelare in carcere, messo una persona ai domiciliari, prescritto 15 obblighi di dimora. Il «blitz» ha interessato quindici province in tutta Italia. E Marco Imarisio, giornalista del Corriere della Sera specializzato in “movimenti”, oltre a far sapere che «i reati contestati sono resistenza, violenza, lesioni, danneggiamento aggravati in concorso», scrive che l’operazione ha «colpito i vertici del movimento in Valle e a Torino…», e che è stato «colpito il centro sociale torinese Askatasuna, considerato il braccio operativo del movimento No Tav». Imarisio, autore anche di un libro su Genova 2001, si deve essere specializzato in qualche altro movimento, visto che i No Tav non hanno notoriamente alcun «vertice», e non delegano a nessuno il ruolo di «braccio operativo». Tanto è vero che lo stesso procuratore di Torino, Giancarlo Caselli, ha detto che gli arresti non sono diretti contro la Valle di Susa o il movimento No Tav: «I soggetti che abbiamo individuato – ha dichiarato – sono autori, a nostro avviso, di specifici episodi di reato. È un’operazione che riguarda 41 persone e solo tre sono della Valle».
Ma quali sono, gli episodi di «resistenza» ecc.? Inizio luglio 2011: poliziotti e carabinieri – seguiranno gli alpini – occupano un’area della Valle di Susa, alla Maddalena di Chiomonte, poco dopo dichiarata «area di interesse strategico», cioè militarizzata, quindi sottratta alla normale gestione dei comuni, dei cittadini. Questa area viene chiamata «cantiere» perché vi dovrebbero lavorare le imprese (della Lega Coop) che hanno l’appalto per lo scavo di un tunnel esplorativo, propedeutico al tunnel di 52 chilometri. Ma in effetti nessuno vi sta lavorando, occupare manu militari la zona è un’azione dimostrativa, serve a dire ai cittadini della Valle che hanno perso la battaglia e all’Unione europea che ora si possono versare i milioni di euro promessi per l’opera (che ne costerebbe miliardi). La gente si oppone, cerca di divellere le reti, organizza una serie di manifestazioni che, in un clima sempre più minaccioso, sono sostanzialmente pacifiche, sebbene determinate (e per forza: i No Tav accumulano sapere e capacità  di azione dal 1992).
Passano i mesi, ed ecco il “blitz”. Proprio mentre i camionisti fanno i blocchi, i siciliani impugnano i forconi, il movimento dell’acqua fa quadrato attorno al referendum, i pescatori si fanno picchiare dalla polizia, e insomma i sondaggi sempre più rosei, l’unanimità  o quasi dei partiti (come dimostra il testo votato dal Senato sul nuovo Trattato europeo) e il coro di elogi dei media non impediscono che le ferite e le fratture provocate dalla cura liberista del governo alla società  italiana si traducano in proteste diffuse. I No Tav, come spesso è capitato loro negli ultimi anni, servono da cavia.
Ci vorrà  ben altro, per farli finalmente tacere, quei valligiani riottosi. Intanto, Monti non risponde a chi contesta con fatti e cifre l’Alta velocità  in Val di Susa (e a Firenze, per dirne un’altra). Forse il professore non ha argomenti?
Anche Torino si è stretta attorno agli attivisti No Tav arrestati. Al grido «Liberi e libere tutti» un corteo di alcune centinaia di persone, ieri sera, ha bloccato il centro. Presenti al presidio Prc-Fds, Fiom, Cub e Sinistra Critica. 
È solo l’antipasto della manifestazione che ci sarà  sabato prossimo nel capoluogo piemontese. 
Ieri, in serata, si è svolta una partecipata fiaccolata a Bussoleno, organizzata in tutta fretta per testimoniare solidarietà  agli arrestati e denunciare un attacco strumentale e mediatico contro il movimento. Sul web si è riaccesa all’istante la rete dei social network No Tav. Commenti e post sono centinaia. Numerosi i paragoni con la protesta dei camionisti. Sotto accusa la «disparità  di trattamento». C’è chi scrive: «Perché è più grave difendere un territorio che bloccare un Paese intero?». Ancora, c’è chi prova a rassicurare: «Nonostante gli arresti a raffica saranno pochissimi i reati che potranno contestare». 
Confermata la manifestazione di sabato in piazza Castello che doveva restituire le macerie della Maddalena (pezzi di alberi tagliati per il non/cantiere, filo spinato, bossoli di lacrimogeni) ma che assumerà  altro tenore. Il movimento, intanto, pensa a una mobilitazione nazionale.

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