by Editore | 4 Gennaio 2012 7:33
MILANO – Unicredit si accinge a varare il terzo aumento di capitale nel giro di tre anni, il primo dell’era di Federico Ghizzoni ma anche il più consistente, 7,5 miliardi di euro. Il cda convocato per oggi dovrà infatti decidere l’entità dello sconto sul prezzo ex diritto di opzione e già ieri il mercato si è posizionato in una forchetta compresa tra il 30 e il 40%. Da quando l’assemblea lo scorso 15 dicembre ha approvato l’operazione Ghizzoni e il suo team hanno lavorato sodo e rapidamente insieme alle banche a capo del consorzio, Bofa, Merrill Lynch e Mediobanca. L’ultima riunione decisiva proprio ieri sera dopo la chiusura dei mercati. A breve si attende anche l’ok della Consob al prospetto informativo e già lunedì 9 potrebbe cominciare la trattazione separata dei diritti.
Dopo l’accorpamento delle azioni ordinarie e di risparmio nel rapporto 1 ogni 10 il titolo ieri ha chiuso con una perdita del 2,47% a 6,33 euro ma la vera reazione del mercato si avrà solo oggi con la comunicazione del prezzo ufficiale. Gli arbitraggi non saranno però d’aiuto poiché la Consob ha vietato le vendite allo scoperto “naked”. Quindi non si potrà vendere il titolo senza possederlo veramente e poi comprare i diritti, operazione classica degli aumenti di capitale. Chi ha già le azioni in mano può invece o vendere o sottoscrivere i diritti o fare un misto delle due cose.
Per limitare gli effetti depressivi sulla quotazione del titolo Ghizzoni e i collocatori hanno cercato di assicurarsi la massima adesione possibile da parte dei soci forti della banca. Il nucleo storico delle Fondazioni, però, dovrebbe leggermente ridimensionarsi dal 13 fin quasi all’11% in seguito alla discesa annunciata di CariVerona (dal 4,21 al 3,51%), della Fondazione Manodori (dallo 0,79% allo 0,5%), di Carimonte (dal 3,4% al 3%), e di Cassamarca che con lo 0,7% non dovrebbe proprio seguire l’aumento. Al nucleo del 12% occorre poi aggiungere i soci della Central Bank of Libia che hanno dichiarato la loro adesione con il 4,9% (il fondo sovrano Lia, invece, con il 2,5% non si è ancora espresso) e l’Allianz che con il 2% dovrebbe fare la sua parte e qualcuno sussurra anche qualcosa di più. Il 18-20% è dunque assicurato ma per il buon esito dell’operazione diventerà determinate quel 20% circa che si stima sia in mano al pubblico dei risparmiatori. Forse una parte di essi potrebbe decidere di vendere una fetta dei diritti per fare cassa e finanziarsi l’acquisto delle nuove azioni diluendo parzialmente la propria partecipazione, un po’ come è successo con l’aumento Bpm.
Il resto, cioè un 60-70% dei 7,5 miliardi complessivi, pari a 4,5-5,25 miliardi sarà all’incirca il rischio che deve prendersi il consorzio di garanzia in caso di diritti inoptati. Per limitare al massimo questo rischio, Merrill Lynch e Mediobanca hanno allargato al massimo il numero dei partecipanti, con un nucleo principale di 15 banche a cui se ne sono aggiunte altre 12 compresa la stessa Unicredit. Le banche partecipano volentieri poiché in questo modo incassano commissioni in un anno che si preannuncia difficile con un rischio tutto sommato limitato e che scende al diminuire del prezzo di offerta delle nuove azioni.
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