by Editore | 11 Gennaio 2012 7:44
MILANO – Dopo cinque giorni nella polvere, Unicredit ritorna sugli altari. Nel secondo giorno della negoziazione dei diritti le azioni di Piazza Cordusio hanno guadagnato il 6% ma le opzioni sono volate in rialzo dell’80% a 0,85 euro registrando volumi da capogiro. Ciò nonostante il diritto a comprare due titoli Unicredit di nuova emissione al prezzo di 1,943 euro, ieri valeva sempre il 2% in meno rispetto al valore delle azioni (che invece hanno chiuso a 2,42 euro). Il motivo, secondo gli esperti, sarebbe di natura tecnica, poichè è difficile trovare azioni Unicredit in prestito visto che la banca ha coinvolto nell’operazione ben 26 tra i maggiori istituti a livello mondiale. «Non credo che Unicredit sia a rischio scalata – ha commentato ieri il direttore generale Roberto Nicastro, che si trovava a Palermo per una premiazione sul microcredito – . Con questa ricapitalizzazione diventeremo la banca maggiormente patrimonializzata e una tra le più solide d’Europa». Un’altra parte del management dell’istituto si trovava invece a Londra per incontrare una serie di importanti fondi, interessati a partecipare all’operazione da 7,5 miliardi. A questo proposito pare che i vertici di Unicredit avrebbero rassicurato gli investitori della City che nel quarto trimestre del 2011 non sarebbero emerse brutte novità sia sul fronte del trading, che del portafoglio di titoli governativi. Del resto Unicredit ha il 30% di Bot e Btp in meno rispetto al suo maggiore rivale, ovvero Intesa Sanpaolo, e l’ammontare di tutti i suoi bond governativi rappresenta circa l’80% degli asset tangibili. Quindi, dal momento che le nuove azioni di Piazza Cordusio sono offerte a un prezzo così scontato, da valere appena un quinto rispetto al valore tangibile degli asset della banca, anche nel peggior scenario sul debito italiano, l’aumento di capitale sembra interessante dal punto di vista dei fondamentali. Ma il gruppo di Piazza Cordusio, oltre a promuovere l’aumento presso i grandi fondi, starebbe lavorando sulla componente retail attraverso le sue filiali ma non solo, mentre i vertici starebbero cercando anche nuovi investitori di lungo periodo. Gli investitori istituzionali sono importanti per garantire la liquidità degli scambi di mercato, i piccoli risparmiatori nell’azionariato servono invece ad abbassare la volatilità del titolo (che ultimamente è stata altissima). Gli investitori di lungo termine garantiscono infine la stabilità della banca. E a questo proposito ieri si parlava di un imminente ingresso di un importante investitore straniero (che secondo fondi attendibili arriverebbe da oriente). Intanto ieri alcuni soci storici hanno annunciato di aver venduto i diritti, per racimolare i proventi con cui seguire parte dell’operazione. Si tratta della Regione Siciliana (socia allo 0,4%) e della Fondazione Banco di Sicilia (0,5%) che si aggiungono alla lista degli azionisti storici tra cui la Cariverona (che si era detta disponibile a sottoscrivere “solo” il 3,51% dell’aumento) che avevano fatto sapere di non poter seguire interamente l’operazione che hanno approvato lo scorso novembre. Leonardo Del Vecchio, che invece non partecipa alle assemblee ma che da anni possiede lo 0,5% di Unicredit, sarebbe orientato a sottoscrivere la sua fetta di diritti e ad aderire all’aumento. Pare poi che anche altri noti imprenditori italiani, da sempre vicini a Unicredit, siano stati contattati da Mediobanca e Merrill Lynch per partecipare all’aumento di capitale. Ma al momento nessun nome di spicco avrebbe risposto all’invito.
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