by Editore | 13 Gennaio 2012 6:57
MILANO – Terzo giorno di rimbalzo violento per Unicredit, che colma parte delle perdite dall’annuncio del prezzo della ricapitalizzazione da 7,5 miliardi. L’azione, in un vortice di scambi che ha riguardato il 14% del capitale, ha recuperato fin dall’avvio chiudendo a 2,9 euro, +13,53%. I diritti a sottoscrivere sono saliti a 1,71 euro (+47,41%), e a questi valori risulta azzerato il differenziale tra titolo quotato e costo delle nuove azioni.
Dopo il fuggi fuggi visto settimana scorsa sulle azioni, e da lunedì anche sui diritti, da tre sedute è tutto un rimbalzo, che ieri ha sfruttato le voci di stampa sull’ingresso del fondo sovrano del Kazakistan con una quota vicina al 5%. Gli acquisti non si sono fermati neanche con la nota di Samruk Kazyna, il serbatoio miliardario in petrodollari del paese caspico retto dal tiranno Nursultan Nazarbaev: «L’informazione non corrisponde alla realtà . Non sappiamo come sia emersa e la smentiamo». Anche a Piazza Cordusio, senza commenti formali, si tende a diffidare della pista kazaka, come di altre nuove posizioni rilevanti. «Non abbiamo contezza di movimenti di fondi sovrani sul titolo – ha detto Paolo Fiorentino, chief operating officer di Unicredit, che ha anche detto «non è vero» alle voci di stampa su nuovi investimenti dalla Germania. Può darsi che, ieri, una mano al titolo l’abbia data il buon esito delle aste del Tesoro sui Bot, come anche l’attività di “marketing” del management Unicredit, con due incontri a gruppi di investitori – l’ad Federico Ghizzoni a Milano, il direttore finanziario Marina Natale a Londra – per una serie di domande e risposte sull’operazione in corso e sulle prospettive del gruppo.
Tuttavia – e su questo la Borsa ha buon gioco a scommettere – non si può escludere che qualche azionista straniero e danaroso punti un cip per contare nel futuro prossimo della banca italiana meglio piazzata sullo scacchiere paneuropeo. A valori di mercato vicini a un terzo del patrimonio tangibile (la rivale Intesa Sanpaolo è sopra il 50%, per non dire delle rivali europee) la possibilità di fare un grosso affare è cospicuo. E la tentazione – temuta nelle stanze dei banchieri, d’affari e non – potrebbe venire sia a fondi sovrani emergenti sia agli istituti commerciali più forti e capaci: per esempio Santander, Bbva, Hsbc, Bnp Paribas.
In Kazakistan, tra l’altro, Unicredit è padrona di Atf Bank, una delle ultime acquisizioni della gestione di Alessandro Profumo, che a metà 2007 sborsò oltre 1,6 miliardi per 110 sportelli in loco. Per via della doppia crisi, quell’investimento è stato totalmente azzerato nei conti di Unicredit, e il nuovo management si è detto intenzionato a lasciare il paese. Ma i piani potrebbero cambiare, se un sostegno del fondo sovrano kazako (magari per quote inferiori al 5%) si palesasse. Mentre aleggiano le ipotesi su azionisti stranieri e nuovi, ieri è giunta l’adesione all’aumento di un’altra Fondazione italiana: la Caritrieste, che detiene uno 0,33% della banca e ha deciso di seguire integralmente l’operazione, che le costerà 26 milion
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