Undici anni di stipendi per comprare casa redditi al palo dal 1990, salgono i poveri

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L’impoverimento di un Paese si può valutare anche in metri quadrati di casa perduti e se così è le famiglie italiane, negli ultimi dieci anni, si sono lasciate alle spalle due camere da letto e un salotto: più o meno tre quarti dell’abitazione. Letta in termini di spazi, e di soldi necessari per acquisirli, è così che si potrebbe tradurre l’indagine della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie. Lo studio (pubblicato fra Supplementi all’ultimo Bollettino statistico) racconta anche di come i redditi medi siano ritornati indietro agli stessi livelli dei primi anni Novanta e di come la fascia di povertà , in soli 24 mesi, sia aumentata di un punto percentuale, raggiungendo il 14,4 per cento della popolazione. Le famiglie diventano più piccole, ma le diseguaglianze aumentano.
IL TETTO CHE SCOTTA
L’Italia si conferma il paese delle case in proprietà  (è così per il 68,4 per cento delle famiglie), ma chi oggi vive in affitto, per acquistare un’abitazione, deve mettere in conto 11,1 anni di lavoro e di reddito dedicato esclusivamente all’obiettivo. Dieci anni fa gli anni erano 6,4: il 74 per cento in meno. Tradotto in spazi ciò vuol dire che con gli stessi soldi ora si compera, rispetto ad allora, solo un quarto di casa: cucina e bagno, per il resto bisogna aspettare. Ma anche gli affitti lievitano: più 10 per cento in soli due anni. Nel 2010 la rata mensile media è stata di 366 euro.
PIU’ POVERI DI VENT’ANNI FA
Nel 2010 il reddito medio delle famiglie – al netto di imposte e contributi – è stato di 32.714 euro, 2.726 al mese. Inferiore, termini reali, del 2,4 per cento rispetto a quello del 1991.
Di fatto, fra il 2008 e il 2010 le entrate sono rimaste sostanzialmente invariate, (più 0,3 per cento), in grande balzo all’indietro (meno 3,4) è avuto semmai nel biennio precedente. Questo parlando di redditi familiari, ma in realtà  – precisa l’indagine campionaria della Banca d’Italia – sarebbe più corretto parlare di redditi equivalenti: il reddito familiare non tiene infatti conto del mutare della composizione del nucleo negli anni. Quello equivalente invece sì (e misura quindi le entrate di cui ciascun individuo dovrebbe disporre se vivesse da solo e volesse mantenere lo stesso tenore di vita della famiglia in cui sta): così facendo negli ultimi 20 anni il reddito risulterebbe aumentato del 9 per cento, ma negli ultimi 24 mesi la tendenza è data in calo dello 0,6. Da qualsiasi numero si parta il risultato finale però non varia: la povertà  è in aumento. Ora il 14,4 per cento delle famiglie vive nell’indigenza, nel 2008 era il 13,4.
IN CRISI SENZA EQUITA’
Banca d’Italia e Ocse concordano sul fatto: in Italia le diseguaglianze sono in crescita. I ricchi diventano sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri. Nel 2010, il 10 per cento delle famiglie più benestante possedeva il 45,9 per cento della ricchezza totale, due anni prima il tetto si fermava un po’ più sotto, al 44,3. L’aumento del divario è confermato dall’indice di Gini (che misura la diseguaglianza ed è pari a zero quando non ci sono divergenze e uno quando il divario è massimo): dal 2008 ad oggi siamo passati dallo 0,61 allo 0,62 per cento. Il reddito da lavoro dipendente soffre di più: ha perso lo 0,7 per cento in 24 mesi, quello da lavoro indipendente è aumentato del 3,1.


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