Un omicidio razzista, condanne dopo 20 anni
Sono le prime due persone condannate per un omicidio che aveva causato molta impressione all’epoca: Stephen Lawrence, ragazzo nero, era stato attaccato e ucciso da un gruppo di giovani bianchi presso una fermata dell’autobus a Elthan, nel sud della capitale britannica, sotto gli occhi di numerosi testimoni. Nel leggere la sentenza il giudice ha dichiarato che «l’omicidio è stato commesso per nessun’altra ragione che l’odio razziale», la vittima non aveva provocato né minacciato in alcun modo gli aggressori (all’epoca tutti minorenni). I due hanno sempre negato l’accusa (ma sono stati inchiodati da un video di sorveglianza), e dapprima i magistrati non ritennero accettabili alcune testimonianze (nel ’99 un’inchiesta parlò di razzismo istituzionale). Solo l’ostinazione dei genitori Lawrence ha portato alle attuali condanne.
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Grecia, quando si innalzano nuovi muri
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In un’epoca in cui il simbolo più evidente delle divisioni culturali, nazionali, etniche, e religiose era il muro di Berlino, l’immagine del saltare i muri era diventata una delle più efficaci metafore di Alex Langer e del movimento pacifista. Oggi che di quel muro rimangono sono alcuni pezzi, utilizzati soprattutto per caratteristiche foto assieme a manichini travestiti da soldati sovietici, l’idea di saltare i muri può sembrare antiquata. Eppure ci sono tante altre barriere fisiche che continuano a dividere popoli e culture: quella eretta sul confine tra Stati Uniti e Messico, ad esempio; quella che divide Belfast e che viene sigillata ogni sera alle 21; o quella che delimita in maniera permanente i territori della Cisgiordania.