by Editore | 7 Gennaio 2012 7:28
Quando Sarkozy lanciò la commissione Attali per le riforme, di cui la Francia continua ad avere bisogno, fra i molti esperti, scelse anche due italiani: Monti e Franco Bassanini. Eppure il professore ricevuto ieri all’Eliseo appare all’opinione pubblica e alla classe politica francesi come una novità quasi assoluta. Non è più soltanto il tecnico di chiara fama chiamato al capezzale della Francia immobile, ma il rappresentante di un’Italia che vuole rompere immobilismo, respingere stereotipi e pregiudizi affrettati e voltare pagina dopo una stagione di malintesi e brutte figure. Un’Italia che esprime caratteristiche e obiettivi che sono anche nel dna di chi oggi la guida. Quindi capace di far valere storia, cultura, visione politica, tradizione europeista. Con lezioni di sobrietà e competenza — come quella data ieri a Parigi sul futuro dell’Europa — si può risalire la china.
Già sembra di sentire i commenti sul professor Monti da Varese: così serio che non sembra italiano. Ma anche cosìlow profile che non potrà sembrare francese. In ogni caso un premier che, in tema di riforme strutturali e impegno europeo, oggi può affermare con orgoglio: noi abbiamo fatto la nostra parte.
Il vertice di Parigi non passerà alla storia, ma è l’inizio di una fase nuova: per l’Italia e per l’Europa. Un’Italia più salda e credibile, che ha imboccato la strada del risanamento accettando enormi sacrifici e senza barricate, può scompaginare le carte, arginare effetti negativi di un pur indispensabile asse franco-tedesco e ridurre le conseguenze della frattura con Londra. In sintesi, può inserirsi nel gioco delle coppie (Parigi-Berlino per le tematiche economiche, Parigi-Londra nelle strategie diplomatiche e militari), non per costruire triangoli o poker di grandi potenze, ma per rilanciare processo decisionale comunitario e crescita. L’impegno «vogliamo lavorare mano nella mano con Francia e Germania» non esprime appunto preferenze, ma equidistanza costruttiva.
Un’Italia più salda e credibile può ottenere quelle modifiche dei nuovi trattati che favorirebbero la crescita e lavorare di concerto con i due Paesi che — è bene ricordarlo — si misero d’accordo per rompere quel patto di Stabilità che oggi si vuole restaurare con rigore. Sarkozy, con astuzia, riesce a mascherare debolezze strutturali ed economiche della Francia (non molto lontane dalle dimensioni italiane) facendo coppia politica con la cancelleria Merkel, ma ha bisogno (tanto più dopo la crisi con Londra) di un altro interlocutore di riferimento per non sottostare a tutte le condizioni richieste da Berlino. A sua volta la Germania potrebbe finalmente comprendere che l’imposizione di misure e «compiti a casa» ai Paesi poco virtuosi, per quanto necessaria nell’immediato, sul medio periodo rischia di essere controproducente per la sua stessa economia. Anche la Germania ha bisogno di una dinamica di crescita, non di mercati in recessione. Il gigante economico rischia di non liberarsi completamente dell’etichetta di nano politico se non ricomincerà appunto a fare politica. Politica europea. Il momento è favorevole: lo strano italiano piace a entrambi i suoi interlocutori, i quali, si sa, in privato, cordialmente si detestano. E forse potrebbero uscire di scena prima di lui
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