by Editore | 7 Gennaio 2012 7:25
Eppure, anche in questo quadro disastrato, c’è chi si permette una notevole dose di (sano?) ottimismo. Il nome del bastian contrario è David Weinberger, ricercatore del Berkman Center for Internet and Society all’università di Harvard e autore di un libro fresco di stampa negli Stati Uniti, che ha un titolo interminabile, Too Big to Know: Rethinking Knowledge Now That the Facts Aren’t the Facts, Experts Are Everywhere, and the Smartest Person in the Room Is the Room (Basic Books). Secondo lo studioso (noto anche in Italia per un paio di testi, Arcipelago Web e Elogio del disordine, usciti rispettivamente per Sperling & Kupfer e per la Bur), la nostra specie sta entrando in una nuova età dell’oro, perché la tecnologia è finalmente in grado di andare di pari passo con l’inesauribile curiosità umana – e viceversa. In un’intervista alla rivista online «Salon» Weinberger spiega di avere preso come termine di paragone Charles Darwin: «Non c’è dubbio che sia stato un grandissimo pensatore, ma è anche interessante, dal mio punto di vista, il fatto che sia stato molto riluttante a mettere per scritto le sue teorie. Lavorava solo, molto lentamente, in contatto con una ristretta cerchia di colleghi». Oggi, sostiene Weinberger, l’autore dell’Origine delle specie non lavorerebbe più così: «Probabilmente avrebbe cominciato a twittare le sue idee già a bordo del Beagle e avrebbe diffuso le sue scoperte attraverso la Rete, discutendo online con tante altre persone». Ma ammesso (e non concesso) che questo sia vero, siamo sicuri che i risultati sarebbero stati migliori?
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