Travolto mentre «blocca» una camionista

by Editore | 25 Gennaio 2012 8:24

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ASTI — Un Tir che si muove nella nebbia; due manifestanti che lo vedono, lo avvicinano, lo invitano ad accostare perché quella è l’uscita di Asti Ovest, il luogo della protesta, e vige un blocco. Il bisonte frena ma non si ferma, poi accelera e uno dei due viene travolto e trascinato per una ventina di metri. Si tratta di Massimo Crepaldi, 46 anni, astigiano. È rimasto sull’asfalto, vicino alla grande gomma dell’autoarticolato, senza vita. Dalla cabina del mezzo pesante è sceso l’investitore che non ti aspetti: una donna, Karin Jiutta Weckerle, tedesca di 52 anni, camionista pure lei. Si è trovata alle cinque del mattino fra quei camion parcheggiati a bordo strada dove molti autotrasportatori ancora dormivano. Lei voleva tornarsene in Germania, loro no. Lei parlava in tedesco, loro rispondevano in italiano. Attimi di concitazione, forse di incomprensione, poi quell’accelerata e la tragedia. La squadra mobile intervenuta sul posto l’ha arrestata per omicidio colposo, un reato che potrebbe trasformarsi nelle prossime ore in qualcosa di più grave. «Vedremo se c’è un dolo eventuale, stiamo cercando di capirne di più», ha precisato il procuratore di Asti, Giorgio Vitari, che con il vice sta seguendo il caso. 
I giorni caldi della protesta degli autotrasportatori si macchiano così del sangue di un camionista, un padre di famiglia che voleva urlare il suo no al sistema. Non era un padrone ma un dipendente di una piccola ditta, la Astigiana Autotrasporti, duemila euro al mese, un figlio di 18 anni al liceo e una moglie. Era in piedi dall’alba di lunedì mattina, quando sono iniziati i blocchi. 
«Ci credeva profondamente», racconta Silvia, un’amica. Senza camion, era andato con la sua macchina ed era rimasto sveglio tutta la notte a controllare i passaggi. «I quattro camion li ho tenuti fermi — sospira Carlo Caprioglio, il suo datore di lavoro —. Io ero contrario al blocco ma lui è stato libero di aderire. Comunque, un brav’uomo e un bravo camionista, appassionato, ecco, gli piaceva andare con il camion». 
Lascia una moglie disperata e un figlio, Alex, che continua ad abbracciare amici davanti la loro casetta di Asti: «Io non so cosa sia successo…». 
Davanti alla questura c’è il testimone oculare della tragedia (anche un romeno ha visto tutto), il camionista italiano che con lui ha provato a fermare il Man tedesco. Piumino giallo e occhi umidi: «L’ha tirato sotto e sono qui per dirlo a voce alta perché quella non può tornarsene in Germania libera, non è giusto. Io ero lì e so cosa è successo. Non dico che volesse ucciderlo ma spaventarlo sì… solo che l’ha ridotto come un…». Non ce la fa, scuote la testa, prende fiato: «L’abbiamo fermata per dirle che non poteva andare avanti. Lei ha abbassato il finestrino e si è messa a parlare con Massimo in tedesco, gesticolando. Poi io sono andato un po’ più avanti, dove c’era uno spiazzo libero e le ho fatto segno di portare il camion lì, a bordo strada. Stava venendo lentamente e sembrava che si dovesse fermare ma è ripartita all’improvviso e lo ha beccato. Lui era dalla sua parte, davanti al camion… Com’è possibile che non si sia accorta. Io l’ho rincorsa urlando di fermarsi, fino a che l’ho raggiunta e allora ha frenato». Il sofferto racconto si chiude con un brivido: «È scesa dalla cabina, ha guardato quello che era successo ed è tornata sul camion. Senza dire nulla, fredda come questo palo della luce. Possibile una cosa del genere?». Ma Karin, assicura il suo legale, era disperata quanto lui.

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