Tir, si muovono i prefetti
ROMA — Il premier Mario Monti ieri ha parlato da Bruxelles: «Vogliamo riformare l’Italia nella comprensione e nel rispetto delle categorie, ma facendo rispettare le leggi». E a Roma il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri aveva già provveduto a inviare una lettera a tutti i prefetti d’Italia per invitarli a sedare la rivolta degli autotrasportatori.
Pugno di ferro in guanto di velluto. Il ministro Cancellieri si è rivolta ai prefetti invitandoli a esperire tutte le strade del dialogo, ma poi non ha esitato: «Dovete interporre ogni azione volta a evitare che dalle manifestazioni in atto derivino interruzioni nei servizi di pubblica utilità o che vengano ostacolati gli accessi a punti strategici quali porti, aeroporti, caselli autostradali».
I prefetti possono mettere in atto ogni azione: il ministro Cancellieri, parlando in Senato, ha indicato come esempio di intervento l’ordinanza emessa dal prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro. Ma nella sua lettera non era escluso alcun tipo di provvedimento, compresa la precettazione.
La strategia per contrastare il blocco dei Tir, il premier e il ministro dell’Interno l’hanno studiata in stretto contatto. E Monti, premettendo che «il diritto di sciopero è garantito dalla Costituzione», non ha mostrato dubbi: «La legalità si può e si deve esigere». Per questo Monti è pronto a usare armi anche europee per rimuovere i blocchi, a cominciare da quelle messe a punto per assicurare la libera circolazione delle merci nel continente.
Una richiesta in tal senso ieri è arrivata anche dal vicepresidente della Commissione europea Antonio Tajani, e il premier, parlando a Bruxelles, si è inoltrato nei dettagli. Monti ha fatto riferimento al «Regolamento delle fragole» della Ue che venne varato nel 1998 per impedire ai contadini francesi di continuare a rovesciare per strada i carichi di fragole in arrivo con i camion dalla Spagna. Un regolamento che prevede la comunicazione immediata del governo alla Commissione e agli altri Stati membri dei blocchi stradali (cosa che è già stata fatta) cui segue l’ingiunzione di Bruxelles a prendere le «misure necessarie e proporzionali» per assicurare la circolazione, con la possibilità di arrivare alla condanna in Corte di giustizia dello Stato per inazione e anche l’ipotesi, almeno teorica, di rivalsa dei danni subiti dalle imprese e dai cittadini.
Il ministro per lo Sviluppo, Corrado Passera, spiega: «L’11 gennaio con i sindacati dell’autotrasporto abbiamo trovato soluzioni su tutti i punti aperti. Poi micropercentuali di questo mondo hanno adottato forme di violenza inaccettabili».
Pugno di ferro in guanto di velluto. Dal Parlamento, però, ieri sono arrivate pressioni e richieste di interventi anche più incisivi. Dal segretario del Pdl Angelino Alfano, la voce più forte: «Il governo doveva intervenire anche prima che venisse bloccata l’Italia».
Dal Pd, insieme a voci di conciliazione («ascoltiamo la parte sana della protesta», Giuseppe Lumia), si levavano quelle dei senatori Ecodem Roberto Della Seta e Francesco Ferrante che invocavano la precettazione: «Lo sciopero dei Tir ha oltrepassato la soglia della protesta per trasformarsi in ricatto e prevaricazione».
La Lega non ha usato mezzi termini, per bocca del senatore Piergiorgio Stiffoni: «Le proteste che hanno messo in ginocchio la Sicilia e si sono estese al resto del Paese hanno lanciato un segnale forte e chiaro: il popolo non sostiene questo governo». Stasera alle sette è previsto l’atteso vertice a Palazzo Chigi fra il premier Monti e il governatore siciliano Raffaele Lombardo, un incontro fissato quando nell’isola è esplosa la rivolta dei forconi».
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