Telefonate e favori a Balducci e Bisignani quei super funzionari confermati dal governo

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ROMA – Carlo Malinconico si è dimesso per le vacanze pagate da Piscicelli. Filippo Patroni Griffi trema per la casa comprata a prezzi stracciati al Colosseo. Pasquale de Lise, nominato dal governo a capo dell’Agenzia per le autostrade, è accomunato – secondo gli atti delle inchieste di Firenze, Perugia e Roma – ad alcune note vicende della “cricca”, quelle per cui Angelo Balducci e compagni saranno a processo il 23 aprile. A De Lise e Balducci, però, sono legati anche altri funzionari di grande rilievo e di grande potere nel governo Monti, parte di una casta di burocrati apparentemente inattacabile. Confermati dai ministri nonostante siano finiti negli atti delle inchieste Grandi Eventi e P4. Sono i capi di gabinetto dei Beni culturali e dell’Economia Salvo Nastasi e Vincenzo Fortunato, e il capo della Struttura tecnica di missione del ministero dei Trasporti Ercole Incalza. 

Le dimissioni all’Agricoltura

Un altro, Antonello Colosimo, capo di gabinetto all’Agricoltura, si è invece dimesso il 20 dicembre. Lo aveva portato lì l’ex ministro Saverio Romano e Mario Catania lo aveva confermato. Poi, la decisione di tirarsi indietro, nei giorni in cui l’imprenditore Francesco Piscicelli raccontava ai magistrati dei mille regali fatti, dell’aiuto che otteneva da Colosimo per incontri da cui ottenere appalti, di come lo chiamasse “fratello”. Il 20 febbraio del 2010 Repubblica pubblicò l’intercettazione in cui la moglie di Colosimo, Silvana, parla con l’imprenditore famoso per aver riso la notte del terremoto dell’Aquila: «Io avevo una piscina a sforo, non ritenevo di mettere le tessere, ho fatto una cavolata, tu conosci uno..», chiede la donna dicendosi disperata. Piscicelli la tranquillizza, le dà  un nome, e aggiunge: «Non gli devi pagare niente, digli quello che tu vuoi, e poi parlasse con me di soldi». Colosimo ora dice: «Sono sereno, ho piena fiducia nei magistrati». E se ne va. 

Il Parco della Musica di Firenze

Resta invece al suo posto Salvo Nastasi, 37 anni, capo di gabinetto ai Beni culturali prima con Rutelli poi con Bondi, protagonista di uno strano emendamento ad personam: lo aveva inserito il senatore D’Alì nel ddl protezione civile del 2010 promuovendolo per legge direttore generale del ministero. Lo denunciarono i sindacati, e alla Camera l’emendamento fu cancellato. Anche Nastasi ha a che fare con l’inchiesta Grandi eventi. Era il presidente della commissione di gara del Parco della musica di Firenze. L’appalto fu vinto dalla Sac-Igit di Cerasi e Ciolfi, i secondi arrivati fecero denuncia, ma il Tar di allora non diede la sospensiva. A guidarlo era Pasquale de Lise. Poi de Lise va al Consiglio di Stato, le intercettazioni portano agli arresti della cricca, e lo stesso Tar due anni dopo – nel 2010 – ribalta il primo provvedimento e sostiene che la gara presenta evidenti profili di illegittimità  (sentenza 00084 del 2010). Il funzionario appare anche nelle intercettazioni dell’inchiesta P4 su Bisignani: «Ho un messaggio da parte del dottor Nastasi…chiedeva al dottor Bisignani di poter avere diciamo la sua autorizzazione per fissare un appuntamento con il dottor Geronzi». Nastasi non è indagato, e non lo è neanche Ercole Incalza, il capo della struttura tecnica del ministero delle Infrastrutture, braccio destro dell’ex ministro Matteoli confermato da Passera (ma solo fino a fine marzo 2012 perché, fa sapere il ministero, si sta provvedendo a una razionalizzazione delle strutture). 

I fondi neri di Anemone

Nell’inchiesta, Incalza è entrato come beneficiario di una casa nel centro di Roma pagata in parte con fondi neri di Diego Anemone (l’imprenditore in affari con Piscicelli e Balducci) dove vivono il genero e la figlia. Quando la cosa venne fuori si dimise, ma Matteoli respinse le dimissioni. E lui è ancora lì. Del resto, il suo avvocato Titta Madia ne rivendica i 14 proscioglimenti (senza precisare quali avvenuti grazie alla prescrizione). Nelle Ferrovie ai tempi dello scandalo Necci-Pacini Battaglia, nel ’98 fu arrestato con l’accusa di far parte «di una struttura bene organizzata composta da manager pubblici e privati che manipolava gli appalti Tav per creare fondi extracontabili ed erogare tangenti». 
Infine, Vincenzo Fortunato. Il potentissimo capogabinetto dell’Economia (lì dal 2001, con una parentesi ai Trasporti) è legato a De Lise da una strana vicenda denunciata da un’interrogazione della radicale Bernardini sul cosiddetto concorso delle mogli: Fortunato nominò a capo della commissione esaminatrice di una selezione al Tar Pasquale de Lise. Quel concorso fu poi vinto, tra gli altri, da Paola Palmarini, moglie dello stesso Fortunato. 

Le accuse di Milanese

Il superfunzionario è anche nelle carte dell’inchiesta Milanese: l’ex collaboratore di Giulio Tremonti lo accusa in un interrogatorio di aver fermato la digitalizzazione del Poligrafico dello Stato: «A me risulta, per averlo sentito dire (ora non ricordo da chi) che tutti erano favorevoli a questo progetto e che l’unico che ha posto il veto è l’attuale capo di gabinetto del ministero dell’Economia e ciò dal momento che – per quanto ho appreso non ricordo da chi – attualmente i capannoni dove risultano custoditi i documenti cartacei sono di proprietà  di una società  facente capo a tale Bronzetti, imprenditore che – per quanto ho sentito – è molto vicino al suddetto Fortunato».


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