Tassisti in rivolta, blocco totale il 23

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ROMA – Ordini degli avvocati sotto indagine da parte dell’Antitrust per ostacolo alla concorrenza e tassisti in rivolta in tutta Italia contro la liberalizzazione delle licenze. Scricchiolano le certezze delle corporazioni. E se i legali si mettono in attesa, i tassisti scendono in piazza, danno vita a un improvvisato parlamentino a Bologna, quasi fossero un partito, annunciano un fermo per il 23 gennaio e si danno appuntamento lunedì a Roma, Circo Massimo, proprio come nel 2006. Allora vinsero. E la battaglia si annuncia dura. C’è mobilitazione e scontento ovunque e soprattutto non c’è aria di rinuncia. A Napoli, in serata, ci sono state due proteste spontanee all’aeroporto di Capodichino e a Piazza Garibaldi. A Bologna dopo sei ore di dibattito, trovare una sintesi tra le 19 sigle, è stato difficile. C’è chi alla fine dell’assemblea ha protestato, deluso di non passare ad azioni più clamorose, come quella proposta dall’Ugl di passare a “turni liberi”. Proposta per ora bocciata perché Lorenzo Bittarelli, presidente di Unitaxi, che fu l’anima di quel maggio 2006, quando il Circo Massimo si trasformò in una spianata di auto bianche, per ora vuole attendere. È una chiamata da Palazzo Chigi, che aspetta. Ma avverte, «se il governo deciderà  unilateralmente si scioglieranno le righe e metteremo in atto misure drastiche». E soprattutto, ammonisce, «nessuna iniziativa locale». Rimane forte il timore di una liberalizzazione delle licenze, nonostante la stessa Antitrust, nella relazione al governo, ipotizzava indennizzi per le licenze acquistate. Nasce intanto su Twitter il “partito” del “menotaxipertutti”, pro liberalizzazioni che inizia a raccogliere adesioni. L’idea è di boicottarli venerdì 20 gennaio, tre giorni prima del fermo nazionale. 
Più soft, ma non meno grave, l’indagine avviata dall’Autorità  per la concorrenza per dodici Ordini degli avvocati. Il sospetto è pesante: infrazione al diritto comunitario. Gli Ordini di Chieti, Roma, Milano, Latina, Civitavecchia, Tivoli, Velletri, Tempio Pausania, Modena, Matera, Taranto e Sassari, secondo l’Autorità  presieduta da Giovanni Pitruzzella, bloccherebbero «l’esercizio della professione in Italia da parte di colleghi qualificati in un altro Stato dell’Unione Europea, ponendo in essere intese restrittive della concorrenza». Chi dunque ha fatto pratica o si è abilitato fuori dai confini nazionali senza passare dalle forche caudine dell’Ordine di queste città , in pratica troverebbe difficoltà  a esercitare la professione. Le prassi di quegli Ordini infatti, «sarebbero discordanti dai criteri imposti dal diritto comunitario». Tutto nasce da due segnalazioni arrivate sul tavolo dell’Autorità  per la concorrenza. La prima è di un avvocato che ha ottenuto l’abilitazione in Spagna, Paese che apre le porte ai legali italiani. Da anni sui quotidiani si offre la possibilità  ai laureati in giurisprudenza di abilitarsi in Spagna. Una seconda denuncia è arrivata dall’Associazione italiana avvocati stabiliti, che rappresenta i laureati in giurisprudenza abilitati in ambito comunitario.
I dodici Ordini sotto indagine, secondo l’Autorità , «hanno posto ostacoli all’iscrizione nella sezione speciale dell’albo dedicata agli avvocati stabiliti». E tanto basta, secondo l’Autorità , a violare la direttiva comunitaria recepita in Italia nel 2001 che apre la professione agli avvocati comunitari abilitati e iscritti all’ “ordine” del loro Paese. Fatto questo la carriera nel Belpaese è aperta. E invece no, non almeno in quei dodici Ordini professionali. Comportamento scorretto dunque, lesivo della concorrenza, sul quale sta lavorando anche la Commissione Europea.


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