Taiwan: oggi si vota con il convitato di pietra

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Per i sondaggi testa a testa nazionalisti favorevoli allo status quo e indipendentisti Il presidente uscente presenta risultati importanti ma controversi. I suoi 4 anni di governo fra i più pacifici dei 60 anni di storia dell’isola ribelle. Una politica di avvicinamento senza precedenti Il punto cruciale, riunificazione-indipendenza, duole dunque più che mai. Tutti ne sono consapevoli, tant’è che Pechino, pur ricordando in sedi appropriate la propria intransigenza sulla questione, si è ben guardata stavolta da clamorose intromissioni nella campagna elettorale, memore di quanto ciò sia stato controproducente in passato. Mentre è evidente che la situazione ha complicato la posizione degli Stati uniti i quali temono ulteriori avvicinamenti delle due sponde, che disturberebbero la loro architettura strategica nell’area, tanto quanto gli strappi del Dpp. Così se Washington ha fatto mostra di equidistanza, voci anonime lasciate sfuggire dalla cerchia diplomatica Usa, hanno lasciato intendere che si diffida della linea della signora Tsai. Come ha ricordato un report del Center for Strategic and International Studies dedicato alle elezioni taiwanesi e alle conseguenze per gli Stari uniti, diffuso nel novembre scorso, (http://csis.org/files/publication/111114_Glaser_Taiwan 2012_WEB_pdf) il mantenimento della pace e della stabilità  è l’interesse prioritario degli americani, nel momento in cui si devono fronteggiare numerose frizioni con Pechino su economia e politica della sicurezza, anche se è chiaro che l’interesse di Washington è appuntire la spina nel fianco di Pechino. Significativa al riguardo la decisione di Barack Obama di escludere dal’ultimo consistente pacchetto di armi venduto a Taiwan (5,8 miliardi di dollari) la generazione più moderna di F16 e di sottomarini diesel che aumenterebbero in modo decisivo il suo livello di armamenti.


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Quando una legge è paradossale e promette di produrre paradossi a catena, buon senso vorrebbe che non venisse promulgata. La legge francese che vieta l’uso del velo integrale alle islamiche nel territorio della Republique, e punisce le donne che lo indossano con una multa fino a 150 euro e un corso obbligatorio di educazione civica e gli uomini che le coistringano a usarlo con una multa fino a 30.000 euro (60.000 più due anni di galera nel caso che lei sia minorenne), è un caso di legge paradossale che produce paradossi a catena, ma la Francia l’ha promulgata il 12 ottobre scorso malgrado l’iter travagliato e il dibattito acceso che l’hanno preceduta.

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