Stesso delitto: ergastolo o 5 anni La beffa tra Italia e Germania
MILANO — Tutti insieme, nel 1989 hanno ucciso a Milano un assicuratore bolognese, prima addormentandolo con un sonnifero e bruciandolo vivo in auto, e poi, siccome era riuscito a scendere tra le fiamme, massacrandolo nel bagagliaio a colpi di cric in testa. Ma i giudici milanesi, che per il delitto hanno condannato uno dei tre killer all’ergastolo (il canadese Clemente Rhodius), hanno dovuto rassegnarsi a dichiarare il «non luogo a procedere» contro gli altri due assassini tedeschi (Peter e Conrad Walz) perché sul medesimo omicidio già giudicati nel 1994 a Monaco e tornati liberi dopo una pena di appena 5 anni e mezzo. Una disparità che «desta turbamento» nella stessa giudice milanese che pure spiega ora nella sentenza come a determinare il paradosso, in questo romanzo “pulp” internazionale, sia l’affermarsi del «principio del ne bis in idem» (nessuno può essere processato due volte per lo stesso fatto) «come diritto del cittadino europeo senza eccezioni», rispetto al quale ogni Stato Ue deve accettare l’applicazione del diritto penale vigente negli altri Paesi Ue, anche nei casi in cui il proprio diritto condurrebbe a soluzioni ben diverse.
E’ la notte tra l’8 e 9 marzo 1989 quando ad Albairate, in provincia di Milano, viene trovato il corpo a pezzi di un broker navale bolognese, Elvio Burulli, atteso l’indomani a Londra per chiudere un affare da decine di miliardi di lire con un suo ex socio che conosceva con un falso nome, non con quello vero di Klaus Walz. E’ stato Klaus, racconterà nel 1992 alla polizia di Colonia il fratello Peter Walz, a ideare l’omicidio dal Brasile, coinvolgendo anche il nipote Gordon (figlio di Peter) e il canadese Rhodius, che a dire di Peter Walz saprebbe pure di un banchiere svizzero murato in una villa in Portogallo, di un immobiliarista belga sepolto in un campo a Lisbona, e di un ricco brasiliano ucciso nella propria villa.
Klaus fugge per mesi e poi, per non farsi catturare una volta individuato, si barrica in una casa con una bomba a mano, prende in ostaggio alcuni poliziotti per 9 ore, strappa loro una delle pistole d’ordinanza e si uccide. Il 2 febbraio 1994 la Corte di Karsruhe condanna a 5 anni e 6 mesi gli altri due Walz, ricercati dall’Italia dal 1992-1993. Ma solo il 12 febbraio 2008, quando la Procura di Milano apprende che Gordon Walz risulta essere stato controllato 5 giorni prima ma non arrestato per eseguire il provvedimento italiano, ci si avvede che intanto i due Walz erano stati già processati in Germania nel 1994 e condannati (ad appena 5 anni e mezzo) per l’omicidio per il quale Milano chiedeva il loro rinvio a giudizio accanto a quello del canadese Rhodius, che a Milano aveva già avuto l’ergastolo. Ma i legali italiani dei due tedeschi, Alessandro Pistochini e Salvatore Scuto, pongono la questione — pressoché inedita perché fino ad oggi con un solo caso comparabile a Reggio Calabria — del valore anche a livello europeo del principio del ne bis in idem.
Per il sì propende l’articolo 54 della Convenzione di Schengen, per il no l’articolo 55 che ammette che un Paese contraente, al momento della ratifica, possa unilateralmente dichiarare (come l’Italia nel 1993) di non vincolarsi all’operatività del ne bis in idem quando i fatti oggetto della sentenza straniera siano avvenuti in tutto o in parte sul suo territorio.
Ma la giudice milanese Micaela Curami conclude che «il principio del ne bis in idem si configura come un vero e proprio diritto fondamentale del cittadino europeo» da quando «l’ha sancito l’articolo 50 della Carta di Nizza (2000) che ha rango primario dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (2007) ed è dunque vincolante per tutti gli Stati membri, senza eccezioni».
E siccome ai fini del riconoscimento del ne bis in idem non è necessario che il reato riceva analogo o identico trattamento sanzionatorio nell’ordinamento italiano e in quello straniero», nel caso dei Walz «non può nascondersi che la mitezza, se non l’eccessiva esiguità della pena (5 anni e 6 mesi) inflitta dal tribunale di Karsruhe agli odierni imputati possa destare turbamento, soprattutto se posta in correlazione con la pena dell’ergastolo comminata dall’autorità italiana al correo» Rhodius. «Eppure, la considerazione non può certamente influire sulla valutazione della piena operatività del principio del ne bis in idem» a livello europeo.
Se mai, tutta italiana è la successiva beffa nel caso dei due assassini tedeschi che a Milano si salvano anche dal reato (di competenza solo italiana) di incendio doloso: qui, infatti, a graziarli è l’intervenuta prescrizione.
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