Sopra i mille euro la pensione mai più in contanti

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È proprio arrabbiata la segretaria generale dello Spi-Cgil, Carla Cantone, per questa trovata del governo Monti. Sulla base di una conoscenza profonda dei pensionati sa che il passaggio attraverso la banca creerà  un disagio materiale e psicologico ad almeno un milione di anziani, forse due milioni. Cantone chiede perciò all’Inps un atteggiamento «meno passivo» verso l’esecutivo dei «professori» e un confronto tra l’istituto e le organizzazioni sindacali.
È vero che la maggioranza dei pensionati ha già  un conto corrente in banca o in posta, ed è vero che l’Inps mette a disposizione una sorta di carta di credito utilizzabile in alcuni esercizi. Ma pensate al vecchietto che vive in un paese dove magari non c’è neppure un supermercato, ma solo un negozietto: cosa fa, va dal verduriere con la carta dell’Inps? Oppure pensate a chi, per gestire il rapporto con la banca, sarebbe costretto ad affidarsi all’aiuto di amici o parenti. Questa brillante trovata si risolverebbe in una perdita di autonomia, il massimo di danno che si possa arrecare a una persona anziana.
Al possibile disagio psicologico e all’imposizione insopportabile di apertura del conto corrente («a cui non intendiamo assolutamente rassegnarci», precisa Carla Cantone) si aggiunge un doppio danno economico: il costo dell’apertura del conto, a cui va aggiunto il prelievo forzoso di 34,20 euro per le persone fisiche che viene riscosso trimestralmente, quindi ogni tre mesi il nostro pensionato che magari guadagna 1001 euro dovrà  versare allo Stato, sempre tramite Banca, altri 8,55 euro.
L’introduzione obbligatoria di un intermediario tra l’anziano e la pensione si traduce così, nei fatti, in un doppio regalo, allo stato attraverso la nuova tassa e alla banca con io costi del conto. Le obiezioni più frequenti dei pensionati di fascia medio-bassa all’odioso provvedimento hanno a che fare con la scarsa fiducia nei confronti della banca: «Chi mi assicura – si domandano – che non si speculi sui miei soldi, che la banca non ci guadagni sugli interessi, magari garantiti da ritardi nel pagamento o nel ritiro?». Al di là  della legittimità  del dubbio, resta la preoccupazione e dunque il danno psicologico a chi è abituato a ritirare mensilmente i suoi quattro soldini in contanti e a suddividerli tra debiti da restituire, regali ai nipotini, costo della badante, una rata da pagare mensilmente, e via frazionando fino ad arrivare al mese successivo. Tutto ciò è segno di arretratezza? No, di abitudine, e comunque resta l’inaccettabilità  dell’imposizione, insiste la segretaria dello Spi Carla Cantone che per questo sollecita un incontro con l’Inps che è l’istituto competente e chiede al governo Monti di tornare indietro e prendere atto dei suggerimenti di chi dei pensionati si occupa sindacalmente.


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