by Editore | 24 Gennaio 2012 7:50
Poco più di un mese fa su questo stesso asfalto infuriava l’ennesima ondata di scontri in cui andarono a fuoco diversi edifici e morirono una decina di persone. Ma nel giorno dell’apertura del primo parlamento del dopo-Mubarak, risultato delle prime elezioni democratiche da 50 anni a questa parte, quegli eventi sembrano essere stati dimenticati. Muri bruciati dalle molotov riparati, lampioni e ringhiere ridipinti. Per strada è un andirivieni di bouquet di fiori, vassoi di dolci e datteri. Davanti al parlamento si affollano i sostenitori dei partiti islamisti che in queste elezioni hanno fatto manbassa di voti.
Quando attorno alle 10 di mattina i deputati della nuova camera bassa egiziana prendono posto, l’avanzata dei partiti islamisti diventa palese nella composizione dell’aula. Tante barbe più o meno lunghe da musulmani devoti. Pochissime donne (nella foto Reuters). Due terzi dei seggi della camera (che conta 508 deputati) in mano a partiti islamisti. I Fratelli musulmani ne hanno 235, il 47%. I più conservatori, i salafiti del partito al Nour, 123 pari al 24,7%. Il restante terzo se lo dividono una galassia di partitini di centro-sinistra che si sono presentati divisi alle elezioni. I liberali storici del Wafd, che governavano il paese ai tempi di re Farouk, si prendono appena 38 seggi. Peggio di loro l’alleanza laica “Blocco egiziano”, capitanato dal miliardario delle telecomunicazioni Sawiris, con 34 seggi, e peggio ancora gli altri partiti, tra cui il blocco di sinistra “La rivoluzione continua”, in cui militano molti ragazzi della gioventu rivoluzionaria protagonista della rivoluzione di un anno fa.
Cominciano i giuramenti dei deputati e cominciano ad affiorare i problemi e a materializzarsi le paure di chi teme che l’Egitto si trasformi in un paese fondamentalista. I deputati di centro-sinista e alcuni dei Fratelli musulmani giurano nel nome della costituzione e dei «martiri» della rivoluzione. Un avvocato salafita, Mamdouh Ismail, che ha intentato una causa per vilipendio alla religione contro Sawiris, per alcune vignette da lui pubblicate che rappresentavano Minnie e Topolino con la barba salafita, coglie subito l’occasione per una delle sue piazzate. Giura nel nome della costituzione ma subito aggiunge «purché rispetti i principi della Sharia». Il presidente di turno dell’assemblea gli chiede di ripetere la formula. E lui la ripete pressoché identica.
Poi comincia una bagarre per l’elezione del presidente dell’Assemblea, per cui si presentano tre candidati nonostante tutti sappiano già che a vincere sarà Mohamed Saad el Katatni, segretario generale di “Giustizia e Libertà “. Katatni, 59enne, di professione scienziato ed eletto con una maggioranza di 399 voti, è uno dei membri laici del partito e di quelli che più osteggiano un’alleanza con i salafiti. Nel primo discorso da presidente dell’Assemblea del popolo, Katatni ha affermato: «La nostra rivoluzione continuerà e non riposeremo fino a quando i suoi obiettivi non saranno raggiunti». Un messaggio cifrato alla giunta militare che i Fratelli cominciano a spazientirsi e che vogliono prendere le redini del potere?
Per il momento Katatni e l’Assemblea che presiede possono fare ben poco per attuare gli obiettivi della rivoluzione. In attesa che in primavera venga decisa una nuova costituzione e che in giugno venga eletto il nuovo presidente egiziano, i deputati dovranno stare praticamente in stand-by. Il potere effettivo del paese continua nelle mani della giunta militare comandata dal maresciallo Tantawi, contro cui ieri ha urlato un corteo di 3.000 manifestanti che si sono diretti da piazza Tahrir verso il parlamento.
Domani 25 gennaio cade il primo anniversario della rivoluzione che buttò a terra Mubarak. Da settimane gli attivisti di base, dal “6 Aprile” ai socialisti rivoluzionari preparano una grande manifestazione con cui sognano di rilanciare la rivoluzione di un anno fa. Sperando che la ripetizione non si si tramuti in farsa.
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