Sicilia, la vera storia dell’acqua pubblica

by Editore | 7 Gennaio 2012 7:21

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Altra creatura di Cuffaro è stata l’Agenzia regionale acque e rifiuti (oggi disciolta) che ha condizionato il processo di privatizzazione di sei ambiti territoriali sui nove costituiti in Sicilia sulla base dei confini provinciali, favorendo a colpi di commissariamento delle conferenze dei sindaci degli Ato, l’attribuzione del servizio idrico a società  private o miste pubblico-privato, attraverso gare, quasi sempre con un unico concorrente. In sostanza una spartizione a tavolino dei 5,8 mld di euro di investimenti pubblici previsti per le gestioni trentennali del SII tra noti gestori nazionali ed internazionali con le ovvie componenti locali. Contratti di gestione sulla cui stipula, in alcuni casi, è già  stata riconosciuta l’illegittimità  da importanti sentenze, mentre su altri non è ancora stata ancora fatta la necessaria chiarezza. Dalla fine del 2006 si è costituito il Forum siciliano dei movimenti per l’acqua, di cui fanno parte, tra i tanti, Cgil, Legambiente, Arci, Cepes, Liberacqua, Prc, Fds, SeL, Anpi, AltraStoria, Cia, e che ha conseguito una serie di risultati intermedi di notevole valore. Nel maggio 2009 si costituisce a Palermo il Coordinamento nazionale degli enti locali per l’acqua bene comune e la gestione pubblica del servizio idrico e contestualmente viene presentata la bozza di un testo di legge di ripubblicizzazione elaborato da Forum ed enti locali, depositato per consentirne la discussione parlamentare a nome Panepinto. Il 7 novembre un’assemblea del Coordinamento EE.LL. e del Forum siciliano stabilisce di lanciare il testo di legge per iniziativa popolare e consiliare ai sensi della legge regionali 1/04. Ben 140 consigli comunali di ogni colore politico, e il Consiglio provinciale di Messina, deliberano in tre mesi il testo di legge, modificano i loro statuti dichiarando l’acqua bene comune ed il servizio idrico privo di rilevanza economica, e soprattutto mettono in campo una vera e propria resistenza civile avversando i commissariamenti disposti dalla Regione per la consegna delle reti ai gestori privati attraverso mobilitazioni territoriali. Tra la primavera e l’estate del 2010 Forum e Coordinamento raccolgono prima 75.500 firme per i referendum e subito dopo, con una campagna che si conclude il 18 agosto, 35.000 firme per la legge di iniziativa popolare. Presso il Parlamento siciliano sono stati depositati tre progetti di legge, frutto di questa collaborazione, che prevedono la ripubblicizzazione del SII. Due dei testi (testo Panepinto e testo dei consigli comunali) riportavano inizialmente la possibilità  di affidamento a società  di capitali interamente pubblico; il terzo testo di iniziativa popolare non riportava tale dicitura. In sede di presentazione alla stampa e in occasione della prima audizione parlamentare in Commissione ambiente e territorio, sia Panepinto che i rappresentanti degli enti locali hanno chiesto che venisse cassata la dicitura «società  di capitali» e che i tre testi venissero unificati in quanto identici. In seguito alla straordinaria vittoria referendaria si è ritenuto opportuno costituire un tavolo tecnico per aggiornare il testo di legge agli esiti referendari ed alla normativa europea. A tale revisione hanno partecipato, in maniera paritetica, i firmatari della legge di iniziativa popolare ed i rappresentanti di quella di iniziativa consiliare, consegnando alla Commissione parlamentare un testo unificato che prevede la gestione del SII esclusivamente attraverso enti di diritto pubblico (aziende speciali, aziende speciali consortili, consorzi tra comuni). Per questo motivo ci ha stupito l’articolo di Andrea Palladino (il manifesto 29/12) e che un giornale come il manifesto distribuisca a piene mani disinformazione e soprattutto adotti il metodo Boffo come strumento di azione politica. Non si comprende infatti il motivo per cui l’autore dell’articolo, pur citando il resoconto della prima audizione parlamentare in IV Commissione ambiente e territorio del disegno di legge di iniziativa consiliare, non ne riporti correttamente gli esiti non dicendo che sia i sindaci rappresentanti dei presentatari che Panepinto abbiano chiesto di mettere agli atti l’espunzione delle parole «società  di capitale» dai due testi presentati. L’unica spiegazione che riusciamo a darci e che questi sia malinformato da una frangia minoritaria dei movimenti siciliani che ha avversato il percorso democratico di presentazione della legge di iniziativa popolare, che ha preferito uscire dal Forum siciliano non riconoscendosi nell’impostazione democratica delle articolazioni provinciali e territoriali che lo compongono e dando vita ad una struttura alternativa, minoritaria nella realtà  e micro-minoritarista per vocazione autoreferenziale, che ha adottato come strumento di lotta principale il bombardamento in campo amico e che si adopera per buttare discredito sulle amministrazioni e sui sindaci che hanno condiviso questo percorso democratico, in tal modo divenendo oggettivamente alleati ai privatizzatori dichiarati. Non una parola infatti è stata detta contro i sindaci, le forze politiche e le multinazionali che lavorano per regalare alle imprese private le società  che svolgono il servizio idrico in Sicilia. E dire che sono proprio queste le forze politiche nei cui confronti esistono interi dossier e procedimenti penali che ingolfano le procure siciliane. L’ultimo attacco intimidatorio verso il Forum siciliano mascherato da attacco al sindaco Panepinto è vergognoso. Non a caso i fatti di cui si parla nell’articolo sono apparsi sulla stampa locale a gennaio dello scorso anno, all’indomani di una grande iniziativa regionale organizzata dal Forum a Palermo in sostegno dell’approvazione della legge, contemporaneamente alle minacce di morte giunte al sindaco di Menfi ed al fuoco per la Camera del lavoro della stessa città . L’attacco di questi giorni è in sintonia con gli attacchi che si sono manifestati nella delicata fase in cui la proposta di legge di ripubblicizzazione del servizio idrico sta per uscire dalla Commissione parlamentare. Del sindaco di Bivona, come di tutti i sindaci e di tutti i rappresentanti istituzionali, giudichiamo gli atti politici e la leale vicinanza al movimento per l’acqua. Nel suo comune ha promosso un referendum sull’acqua pubblica nel febbraio del 2009 (97% di sì), come parlamentare del Pd ha presentato diversi odg per la sospensione dei Commissari ad acta, è stato tra gli animatori e promotori di innumerevoli iniziative che hanno tenuto alta la tensione verso la ripubblicizzazione in Sicilia. Agli amici siciliani che reputano utile parlare dei “gattopardi”, e del cui pensiero Palladino si fa portavoce, ricordiamo che per conseguire il risultato auspicato, tutt’altro che scontato quando la legge andrà  in aula, non serve ammantarsi di un estremismo di testimonianza che trova nella lotta a coloro che la portano avanti la conferma di un proprio sterile ruolo, e li invitiamo a confrontarsi in maniera civile e utile alla battaglia per la pubblicizzazione del servizio idrico. 
Antonella Leto, Sebastiano Spina, Josè Sudano, Paolo Campo, Giuseppe Sunseri, Sebastiano Pruiti, Teodoro La Monica, Egidio Mario (Forum siciliano, primi firmatari della legge di iniziativa popolare) Nicola Cipolla, Salvatore Durante (Cepes) L’accusa che i sottoscrittori di questa lettera rivolgono a me e al «manifesto» è pesante e grave. Viene citata la macchina del fango ed evocato il metodo Boffo, ovvero l’utilizzo di dossier falsi nei confronti dell’allora direttore di «Avvenire» da parte di Vittorio Feltri. Una questione estremamente seria.
Parto dai fatti, dall’iter della legge sulla gestione delle risorse idriche in discussione in questi mesi nell’Assemblea siciliana, basandomi – come è giusto – non sulle conferenze stampa o sulle dichiarazioni ai giornali, ma sui documenti ufficiali. Nell’articolo parlavo di «groviglio» di proposte e di norme, citando tre disegni di legge in discussione: quello presentato da Giovanni Panepinto, quello dei comuni e, l’ultimo, sottoscritto da 35 mila cittadini siciliani, firma più, firma meno. Allo stato, leggendo i resoconti delle riunioni della commissione ambiente dell’assemblea siciliana sul sito istituzionale, non appare nessuna versione unificata della legge. È probabile che i lavori della commissione porteranno ad un articolato unico a breve, come sempre avviene in questi casi; ma questo testo, al momento non è disponibile negli archivi ufficiali dell’assemblea regionale siciliana.
La questione delle Spa. La prima versione della legge proposta dai Comuni non conteneva il riferimento al mantenimento della forma delle società  per azioni. La bozza, che circolò all’interno del Forum siciliano prima della presentazione, riportava come modalità  di gestione esclusivamente gli «enti di diritto pubblico». Poi quel testo è stato “avvelenato” – da mano ancora ignota – inserendo la possibilità  di affidare la gestione alle Spa. Un semplice refuso? Il dubbio rimane.
Nel 2009, intanto, Giovanni Panepinto, esponente di peso del Pd siciliano, presentava una sua proposta di legge, anche questa con un chiaro riferimento alle società  per azioni. Questo testo è ancora oggi pubblicato sul sito del sindaco di Bivona (www.fiancoafianco.it) come «Il disegno di legge presentato», accanto al titolo «L’iter della nostra battaglia». Un secondo refuso? Difficile. È dunque evidente che per Panepinto la “sua” proposta di legge è quella che – politicamente – vale.
I firmatari della lettera sostengono che il riferimento alle società  di capitale sia stato eliminato una volta capito l’errore, facendo riferimento alla «Prima audizione parlamentare in Commissione ambiente e territorio». Nel resoconto parlamentare disponibile sul sito dell’assemblea regionale si legge un unico riferimento alla questione, nell’intervento non di Panepinto, ma dell’onorevole Giannopolo: «Per tale ragione il riferimento contenuto all’art. 8 del testo a società  di capitali deve essere più opportunamente circoscritto ai soli enti di diritto pubblico». Non essendo noto il testo finale in discussione in questo momento all’interno della commissione ambiente, non sappiamo se dal disegno di legge finale sparirà  o meno la forma di gestione attraverso le Spa. 
Questo è il groviglio che nell’articolo veniva descritto.
La travagliata legge siciliana è in discussione da due anni, con diverse versioni. Chiedo: perché il Pd – che è nella maggioranza dell’assemblea – non ha ancora approvato queste norme che ripubblicizzano l’acqua? E, in questi due anni, cosa è accaduto e sta accadendo nella gestione idrica in Sicilia? La prospettiva andrebbe, a mio avviso, ribaltata: mentre Palermo discute, quali sono le Sagunto che vengono espugnate?
Alcuni ambiti idrici siciliani stanno preparando in questi mesi l’affidamento della gestione e in molti casi i sindaci si preparano a votare – o hanno già  votato – la scelta di società  per azioni. E anche in commissione ambiente i giochi non sono assolutamente chiusi. Ad oggi i progetti di legge sono stati accorpati in due proposte: una continua a fare riferimento alle Spa, l’altra – elaborata dal Forum – parla di enti di diritto pubblico. Un testo unico ancora non c’è e verrà  presentato probabilmente la prossima settimana.
Il tutto dovrà  poi passare per l’approvazione da parte di un’aula che contiene il numero record di 28 deputati indagati, pari a circa il 30% sul totale degli eletti. Lo stesso presidente della commissione ambiente, Fabio Mancuso, da dicembre si trova agli arresti domiciliari, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare partita dalla Procura di Roma. La situazione è delicata? Senza dubbio. 
Veniamo alla “macchina del fango” e al “metodo Boffo”. Nel mio articolo riportavo una sintesi delle nove pagine dell’informativa dei Carabinieri su Giovanni Panepinto. Con quel documento gli investigatori chiedevano alla Dda di Palermo, alla fine del 2007, di attivare intercettazioni telefoniche e ambientali nei confronti del sindaco di Bivona. Non è una condanna, ma un aspetto – divenuto di pubblico dominio – che un cronista non poteva tacere. Aspettare il processo per poter riportare il contenuto delle indagini era esattamente la proposta del governo Berlusconi contenuta nella legge “bavaglio”. Questo documento, poi, era ben noto in Sicilia, ed è stato pubblicato per la prima volta dal giornale di Agrigento “Grandangolo”. Giovanni Panepinto non solo non ha querelato quella testata, ma dopo la pubblicazione non ha mai neanche inviato una smentita ai giornalisti che rivelarono l’esistenza dell’inchiesta. Ricordo che il «metodo Boffo» consisteva nella pubblicazione di una “velina” anonima, e in parte falsa, di una questura, cosa decisamente differente da un atto ufficiale diretto a dei magistrati, firmato dal comandante di un compagnia di Carabinieri. Nel «metodo Boffo» si faceva riferimento ai costumi sessuali del direttore di Avvenire; in questo caso si parla di indagini su ipotesi di reato decisamente più gravi, quale il concorso esterno in associazione mafiosa e il voto di scambio. 
Andrea Palladino

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