Settantamila senza lavoro né pensione con il Milleproroghe fino a 6 anni di limbo
ROMA – Non più garantiti dalle norme della vecchia previdenza, ma già travolti dalla nuova: in Italia ci sono 60-70 mila lavoratori che rischiano di cadere nel «buco» che separa la loro vita lavorativa dall’avvio della riforma Fornero. Dipendenti di grandi e piccole aziende che rischiano di restare appesi per anni senza lavoro e senza assegno pur avendo firmato – entro la fine del 2011 – un accordo che pensavano dovesse accompagnarli verso un’«imminente pensione». Così rischia di non essere: il decreto Milleproroghe che oggi passa al varo definitivo della Camera e si appresta ad approdare al Senato prevede infatti che dalla nuova previdenza – quella che già da quest’anno aumenta l’età pensionabile degli uomini e delle donne – siano esclusi solo i lavoratori che «hanno risolto il rapporto di lavoro» entro il 31/12/2011.
Ciò vuol dire – se il decreto non subirà modifiche – che i lavoratori che hanno firmato accordi per una cassa integrazione straordinaria che li accompagni alla mobilità (il rapporto quindi non è ancora «risolto») restano agganciati al decreto «salva Italia». Finita la copertura degli ammortizzatori sociali andranno incontro ad un periodo (anche di sei anni) senza busta paga e senza pensione. Il rischio – secondo una stima di Domenico Proietti, segretario confederale Uil, sulla quale concordano anche Cisl e Uil – «riguarda dai 60- 70 mila lavoratori».
Tante sono le grandi aziende che hanno firmato, entro la fine del 2011, accordi di ristrutturazione di questo genere (cassa integrazione e mobilità fino a quella che doveva essere la data d’ingresso nella previdenza). Si va da Finmeccanica ad Alitalia, da Alenia a Agila, ma c’è anche l’accordo Fiat su Termini Imerese e quelli che accompagnano la crisi del Sulcis. C’è Irisbus e c’è Fincantieri (dove sono a rischio 700 lavoratori). Ci sono una miriade di piccole e medie aziende della chimica e dell’edilizia, le banche e anche le Poste (la stima è di cinquemila dipendenti interessati). «Siamo all’emergenza sociale» commenta Vera Lamonica, segeretario confederale della Cgil «assieme a Cisl e Uil abbiamo appena inviato una lettera ai parlamentari chiedendo di intervenire per fermare iniquità e discriminazioni che avrebbero gravissime conseguenze». La formula varata dal Milleproroghe lascia infatti fuori ci ha accettato un accordo e si è visto cambiare le regole in corsa. «Per questo il passaggio al Senato deve dare la risposta strutturale che manca» dice Maurizio Petriccioli della Cisl. Dalle deroghe – recita la lettera inviata dai sindacati – «non possono essere esclusi i licenziamenti individuali e collettivi avvenuti in assenza di accordi nonché i lavoratori, nella stessa condizione, per i quali è iniziata, ma non si è conclusa la procedura di licenziamento». Se il testo non subirà modifiche a pagare le conseguenze saranno sia i lavoratori, che resteranno economicamente scoperti, che le aziende. «E’ chiaro che essendo variate le regole sulle quali ci eravamo basati per firmare gli accordi di ristrutturazione e i piani di esuberi, quelle intese non si potranno più considerare valide» spiega Rocco Palombella responsabile delle tute blu della Uil.
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