Se la Milano dei ricchi sfida il ticket ecologico

by Editore | 11 Gennaio 2012 9:28

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Quel cerchio che, fatto centro il Duomo e aperti di circa un paio di chilometri i bracci di un ideale compasso, racchiude la zona più ricca ed esclusiva della città . Le vie dello shopping, la City finanziaria, i palazzi d’epoca e le zone residenziali più ricercate (e care). La rivolta contro Area C è partita da qui, i residenti della zona 1 sono i critici più feroci del nuovo ticket antitraffico e antismog. Un po’ si capisce: dovranno pagare ogni volta che, con l’auto, supereranno i varchi vigilati dalle telecamere. Ciò significa che pagheranno per tornare a casa dall’ufficio (se l’ufficio è fuori dalla Cerchia), dalla scuola dei figli, dalla gita domenicale. Un ticket a pagamento, per la verità , esisteva anche durante l’amministrazione Moratti, ma bastava avere nel box un’auto di ultima generazione (cioè meno inquinante) per essere esentati. Si capiscono meno, le proteste, se si guardano le regole e si fanno i calcoli: sottratti i weekend (circolazione libera), le festività , il mese di agosto e il periodo di Natale, sottratto il pacchetto di 40 ingressi gratuiti che il Comune assicura loro, resterebbero meno di 180 giorni da pagare perfino per il più incallito degli automobilisti (in realtà , le statistiche dimostrano che usano frequentemente l’auto solo la metà  dei residenti in centro). E la tariffa fissata per loro dal Comune è 2 euro al giorno, meno della metà  di quella che pagheranno i cittadini delle prime e seconde periferie. Ma non c’è solo la logica dell’aritmetica: il centro di Milano, se le cose funzioneranno, avrà  sensibili vantaggi in termini di riduzione del traffico e, conseguentemente, di qualità  della vita (e dell’aria che si respira). Dunque, i residenti dentro la Cerchia dei Bastioni saranno i primi a godere dei benefici di Area C.
Tra l’altro, il centro di Milano è tutt’altro che popolato da pericolosi conservatori di destra. Alle ultime elezioni comunali, in zona 1, Pisapia vinse tanto al primo quanto al secondo turno. E ai referendum di metà  giugno (a Milano si votava anche su cinque quesiti ambientalisti locali), i sì all’ipotesi di rafforzare ed estendere i ticket antitraffico furono l’81% (più che nel resto della città ). E allora? Allora vale sempre la vecchia regola: il partito dell’automobile non conosce declino, è trasversale agli schieramenti politici e impermeabile all’aria fresca di una ritrovata coscienza ambientale che pareva circolare in città . Se al partito dell’automobile, poi, si chiede di metter mano al portafoglio, a maggior ragione in una congiuntura come questa, le chance di incassare applausi sono prossime allo zero. Area C avrebbe dovuto essere raccontata per quel che vuol essere: non una tassa in più, non l’ennesima seccatura burocratica cui adempiere, ma uno strumento utile per far comprendere alla città  che l’auto si può (anzi, si deve) lasciare a casa, che in centro si va con i mezzi pubblici, che la decongestione del traffico consente di vivere la città  di più e meglio. Che i vantaggi sono molti più dei fastidi. Che, in definitiva, Area C conviene a tutti. È quello che il Comune, fin qui, non ha fatto.

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