Se il “tecnico” è un ammiraglio
Cioè: sono uno spreco ormai troppo vistoso, come in generale il corazzato bilancio della difesa. Così, nel sito del quotidiano si dà sfogo all’irritazione diffusa, con un sondaggio in cui l’enorme maggioranza dice che sì, questi soldi sono molto mal spesi. Ma come, si chiede chiunque, perfino gli intoccabili, i politici, nonostante un’eroica resistenza che somiglia a quella dei trecento spartani alle Termopili, dovranno mollare qualche pezzetto di stipendio e di sottoprezzo alla buvette, e i militari, invece, spendono come spensierati evasori fiscali. Se volete un’idea della follia degli F35, nonché le ragioni per le quali non ci sarebbero esorbitanti penali da pagare se l’Italia si ritirasse dall’affare, leggete il bell’articolo nel sito di Altreconomia (www.altreconomia.it).
Ma che le spese militari non conoscano recessione né, tanto meno, decrescita, non è purtroppo una novità . La circostanza davvero interessante è che nel caso degli F-35 – campagna che le associazioni pacifiste conducono da anni insieme al manifesto, che ci fece la copertina ai primi di dicembre – si svela il gioco dei “tecnici”. Se Monti e Passera, per dire, o perfino Riccardi, cattolico che da molto tempo si occupa di migranti e rifugiati, possono presentarsi come le persone giuste al posto giusto, perché sanno di cosa si tratta nei rispettivi campi, ecco che l’ammiraglio Di Paola, che pure è indubbiamente un “tecnico”, appare per quel che è: il portatore sì di una ideologia indiscutibile, la sola possibile, ma che nel suo caso è però evidentemente arbitraria: ci possono ancora raccontare che “crescita” equivale a “tav” o ad “autostrade”, ma che l’Italia debba essere il decimo paese al mondo quanto a spese militari, debba partecipare a “missioni di pace” come in Afghanistan, debba contare su 180 mila militari in servizio attivo, e debba dotarsi non di una portaerei (la Garibaldi) ma di due (la Cavour, che ospiterebbe appunto gli F-35), è invece molto discutibile. Il dettaglio per cui è stato proprio Di Paola a firmare a Washington, come capo di stato maggiore, il pre-accordo per l’acquisto di questi inutili, inefficienti e costosissimi aerei, è la ciliegia sulla torta.
In generale questo è il problema principale del governo Monti: non trasuda egemonia, non interpreta alcuna vera corrente di pensiero o aggregato di interessi che viva nel paese. Berlusconi, a modo suo, proponeva una narrazione che catturava un gran pezzo di società . Monti no. Al massimo, con l’aiuto di Napolitano (che rispolvera perciò Di Vittorio e il Piano del lavoro del dopoguerra), può cercare di spaventare i bimbi cattivi: attenti, se non fate i sacrifici arriva l’uomo nero, l’avvoltoio speculatore. Ma sugli F-35, prima che su Tav o manipolazioni delle pensioni e del diritto del lavoro, l’asino casca. Perciò Repubblica, entusiasta “organo” dei “tecnici”, adotta il motto della polizia: meglio prevenire che reprimere.
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