SE ANCHE IL TAXI RISPETTA LA SHARàŒA

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A Norderstedt, a un passo dalla ricchissima Amburgo, è nata un’azienda online che offre servizi taxi secondo princìpi della fede musulmana. Si chiama Islamtaxi (www.islamtaxi.de). L’ha inventata il giovane migrante Selim Reid, e l’iniziativa fa discutere. Chiunque può usare i nostri taxi, spiega l’intraprendente ragazzo. Sottinteso: magari anche chi esce da un bordello di St.Pauli. Ma deve sapere che a bordo valgono i dettami dell’Islam. A cominciare dalla separazione tra i sessi: se il passeggero è donna arriverà  a raccoglierlo una tassista. L’idea, ha detto Selim Reid, è nata come reazione alla brutta esperienza dei miei genitori: arrivarono dall’Oriente ad Amburgo, furono trasportati da un tassista locale che ingiuriava l’Islam e se la prendeva con il velo di mia madre. Reazione di orgoglio e identità  insomma. Ma lascia questioni aperte. Non solo per le coppiette cui serve un taxi alla fine della serata di movida. Siamo davvero sicuri che la “gender segregation”, l’apartheid tra i sessi, imposta in nome dell’Islam o di qualsiasi altro sistema di valori a bordo di un taxi, favorisca la società  multiculturale e l’integrazione, e non introduca discriminazioni rovesciate?


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