Scuola, i tecnici sanno fare le nozze con i fichi secchi

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O addirittura indotto al convincimento – in realtà  errato – che un governo, chiamato al proscenio per evitare il fallimento finanziario ed economico del Paese, di nient’altro debba occuparsi. Per cui si è persino smarrita la percezione che sono all’opera e chiamati a renderne conto ministri addetti al funzionamento della Giustizia, della Pubblica istruzione, della Difesa, dell’Ambiente, degli affari Interni ed Esteri e via via degli altri settori della amministrazione statale. Una assenza mass mediatica nel suo assieme, di cui vorremmo, quanto meno, segnalare l’assurdo. A cominciare, appunto, dalla scuola dove tre personaggi, di orientamenti culturali diversi, noti fra gli educatori ma non fuori dalla loro cerchia, il ministro Francesco Profumo, già  rettore del Politecnico di Torino e i sottosegretari, Elena Ugolini, preside di Cl, esperta nei metodi di valutazione scolastica, e Marco Rossi Doria, docente elementare, molto conosciuto soprattutto a Napoli e nell’entroterra campano per aver promosso e diffuso nell’ultimo trentennio il movimento dei “maestri di strada” per aiutare gli insegnanti e i ragazzi soprattutto nei quartieri di maggior disagio, questi tre esperti che mai avrebbero immaginato di entrare al governo, stanno dando prova di saper congiungere le loro diverse esperienze per un difficile recupero di un apparato scolastico profondamente dissestato.
La prima notizia è che dopo tre anni di tagli per un ammontare di 8 miliardi, con sospensione degli scatti e delle anzianità , quest’anno, almeno finora, neppure un euro è stato sottratto al bilancio educativo, una “non notizia” che indica una felice inversione di tendenza. A questa svolta si è accompagnata nelle parole sobrie del ministro e dei suoi collaboratori una evoluzione lessicale: al vocabolo “spesa” si è sostituito volutamente quello di “investimento” e così sono state eliminate tutte quelle definizioni sprezzanti, auto distruttive, irrispettose per ristabilire, con piemontese puntiglio, un linguaggio che valorizzi “la funzione civile degli insegnanti”. Fare una buona politica con pochi mezzi è l’imperativo di questi tecnici al governo: così questo ministro piemontese ha voluto ripartire con un gesto meridionalista, investendo il primo miliardo degli aiuti europei di cui si rischiava la perdita, per sovvenzionare i bisogni più urgenti delle scuole pugliesi, calabresi, campane e sicule. Si è messa in piedi una azione regionalistica, definita, però, centralmente in accordo col ministro per lo Sviluppo, Barca. È stato così concordato di destinare un primo miliardo alle scuole, senza distribuzioni a pioggia ma puntando in quattro direzioni specifiche: a) edilizia scolastica, messa a regime e restauro di edifici non completati; b) investimenti integrati in nuove tecnologie informatiche, accompagnati da corsi formativi in merito sia per insegnanti che per studenti, così che le innovazioni siano utilizzate a pieno; c) iniziative contro la dispersione scolastica; d) interventi di recupero e aiuto nelle zone di più accentuata povertà  sociale con speciale attenzione all’analfabetismo digitale.
Colpisce la concreta minuzia di queste indicazioni di lavoro che legano strettamente, senza astruserie pedagogiche, l’opera del ministero alla vita del più sperduto istituto elementare. Una riflessione che ci è tornata ascoltando da uno dei sottosegretari l’elenco, in apparenza semplicistico ma decisivo, del “controllo delle competenze irrinunciabili”: saper leggere e comprendere una frase, saperla scrivere, apprendere i fondamenti elementari della matematica e i primi rudimenti di una seconda lingua. Un ritorno storico ai contenuti primi dell’insegnamento, privo finalmente di orpelli ideologici.


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