Sanità , quando le cure servono a gonfiare la parcella dei dentisti

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UNA piccola imperfezione, una crepa sullo smalto invisibile a occhio nudo. Dieci anni fa non veniva toccata, oggi sta diventando la nuova frontiera del lavoro dei dentisti. Si inizia da lì, dalla cosiddetta microcavità , per fare un’otturazione e prevenire un’eventuale carie e soprattutto per impostare sul cliente un lavoro basato su trattamenti super moderni, o vecchie tecniche, non sempre utili. Negli ambulatori ci sono sempre meno pazienti perché la gente non ha tanti soldi da spendere. Il fatturato dei professionisti cala di qualcosa come il 10-20% l’anno, spopolano le cliniche low cost e nella categoria che un tempo guadagnava come nessun’altra c’è chi si organizza per reggere quella che viene definita una crisi nera. Qualcuno finisce per proporre cose che non servono. Non solo, c’è chi intercetta pazienti cambiando un po’ mestiere e iniettando filler e botulino. Solo l’attività  estetica, secondo l’Andi – l’associazione dei dentisti privati, il sindacato più forte che è stato ricevuto dal ministro alla sanità  Balduzzi pochi giorni dopo il suo insediamento – rappresenta quasi il 10% del lavoro di questi professionisti, per circa 600 milioni di euro di fatturato. Se a questa si sommano anche le prestazioni che non servono al paziente «si sale anche al 25% dell’attività  – dice Pietro Di Michele, presidente della Soci, che invece rappresenta chi lavora nel pubblico – Le attività  inappropriate purtroppo in molti studi sono diffuse». Un quarto del lavoro vuol dire circa 1 miliardo e 700 milioni pagati dai cittadini. Il professor Enrico Gherlone, del San Raffaele, è presidente eletto del Collegio dei docenti di odontoiatria e fa parte del Consiglio superiore di sanità . «È vero che i dentisti in questo momento vanno a cercare nuovi trattamenti per i clienti – spiega – ma il problema principale è che il 60% delle persone non si curano perché non se lo possono permettere». Ma le attività  inutili sono pericolose per i pazienti? «No, e questa è una cosa da chiarire con forza – chiude Gherlone – i colleghi non fanno cose che non devono fare, magari esagerano un po’ ma il loro lavoro non reca alcun danno». I NUMERI DELLA CRISI In Italia ci sono 45mila dentisti privati in 40mila studi. L’incasso medio pro capite, stando ai dati forse un po’ in difetto dell’Andi, è di 150mila euro. Il giro d’affari è di 6 miliardi e 750 milioni all’anno. Nel 2011 però si stima una riduzione del lavoro tra il 10 e il 20%: gli italiani l’anno scorso hanno speso tra 675 milioni e 1 miliardo e 350 mila euro in meno rispetto al 2010, anno già  difficile. «Visto che due terzi dell’incasso finisce in spese per lo studio: la media del reddito scende a 50 mila euro», spiega il presidente Andi, Gianfranco Prada. Chi sono i professionisti che lavorano di meno? «Soprattutto i colleghi anziani. Sentiamo di più la crisi al nord, nelle zone industriali dove la gente ha meno soldi di prima. Al sud e a Roma la contrazione è meno marcata», aggiunge Prada. «L’Istat ci dice che solo 30 milioni di italiani vanno dal dentista», chiarisce Di Michele, presidente della Soci, che riunisce gran parte dei 5.000 professionisti pubblici, a cui si rivolgono 3 milioni di persone l’anno. «I clienti non si presentano più negli studi privati con la stessa frequenza. I pazienti sono meno di una volta ma il numero dei professionisti è aumentato. Così il lavoro è calato». In questa situazione scatta il meccanismo che porta alle prestazioni inutili. Di Michele riassume così la situazione: «Se ho meno clienti, pensano i colleghi, a quelli che mi restano devo fare più cose». Quali sono le attività  che potrebbero rivelarsi inutili per i pazienti? LE TECNICHE PIà™ DISCUSSE La cura delle microcavità  sta spopolando negli Usa, come ha registrato di recente il New York Times, e anche da noi inizia a prendere piede. Secondo alcuni dentisti è un chiaro esempio di cura delle persone sane. Ai interviene demineralizzazioni iniziali, piccolissimi buchi dello smalto che non si riparano da soli. Ebbene, oggi molti dentisti propongono di chiudere le microcavità  con un’otturazione che costa da 100 euro in su per evitare che si sviluppi una carie mentre un tempo si avviava il lavoro solo quando questa era già  presente o comunque c’era una cavità  grande. C’è chi considera quest’attività  inutile, anche perché non è sempre detto che dalla microcavità  si sviluppi un problema e non esistono studi sugli effetti dell’attesa. «Lavorando su questo problema non si fa nulla di male – difende la categoria Prada dell’Andi -. Si tratta di una misura preventiva utile per la salute». La tecnologia viene incontro ai dentisti che vogliono ampliare l’offerta con le indagini batteriologiche. Anche in questo caso si tratta di una pratica nuova la cui utilità  è oscura a molti. Si fanno per capire, al costo di circa 200 euro, se in bocca è presente lo streptococco, che può essere responsabile delle carie. In caso positivo si avvia una terapia. Ma una buona igiene orale può bastare come prevenzione. Discorso simile vale per i test sulla saliva, che stabiliscono se il ph è acido o basico. Sono utili solo per pochi bambini. Molti hanno da ridire anche su alcune applicazioni del laser, come l’uso per disinfettare o sbiancare. Un’altra tecnica di disinfezione è l’ozonizzazione, trattamento che può costare 100-200 euro. Si usa molto per evitare la carie nei bambini ma alla sua reale efficacia, anche se alcuni studi la confermano, non credono in molti. Ci sono poi le applicazioni di estratti di placenta, che vengono fatte sulle gengive per stimolare la guarigione delle infiammazioni. Costano sui 100 euro e il loro effetto non è dimostrato. I TRATTAMENTI INAPPROPRIATI C’è una seconda categoria di trattamenti inutili, quelli inappropriati. Si tratta di tecniche che vanno bene per alcuni pazienti ma non servono ad altri a cui vengono proposte lo stesso. È un problema di tutta la medicina che in questo settore, quasi esclusivamente privato, assume contorni più difficili da controllare. L’ablazione del tartaro, o pulizia dei denti, rientra in questa categoria se viene svolta troppo spesso. Costa 70-100 euro. Basta farla una volta all’anno, altrimenti è inutile e anche un po’ dannosa. «In un momento di crisi come questo – sottolinea Di Michele – il dentista alla ricerca di soluzioni alternative tende anche a sottopone con più frequenza il paziente a sedute di igiene orale». La germectomia è un intervento che serve a togliere il germe del dente del giudizio a bambini o adolescenti prima che erompa. Costa fino ai 500 euro. È indicata ormai in casi selezionati e a volte viene proposta anche se non ce n’è bisogno. Un settore a forte rischio di prestazioni inutili è la posturologia, che studia il rapporto tra la chiusura dei denti e le articolazioni del corpo. È una disciplina su cui a livello scientifico c’è ancora discussione perché mancano ricerche che dimostrino definitivamente la sua efficacia. Tra l’altro visite, accertamenti e magari l’acquisto di un bite costano alcune centinaia di euro. C’è poi il tema degli esami radiologici inutili. In questo settore si sono fatti passi da gigante, molti studi fanno lastre e tac (50 euro le prime, 200-300 le seconde). Però qualcuno esagera, come racconta un professionista, e «fa l’rx panoramica per vedere una carie». Anche l’applicazione del fluoro, la ionoforesi, ai bambini è discussa. «Va fatta solo quando c’è l’indicazione – spiega Di Michele – Solo su pazienti che hanno una qualità  dell’alimentazione non buona e problemi di igiene orale». Un’altra prestazione a rischio inappropriatezza è la chirurgia muco gengivale. Un tempo molto diffusa, alcuni studi ne hanno ridotto le indicazioni a favore di una seduta di igiene professionale. Ma c’è un’altra categoria di attività  su cui si stanno buttando i dentisti: gli interventi estetici. Quali sono le pratiche più richieste da chi vuole cambiare il proprio aspetto? UNA QUESTIONE DI ESTETICA Intanto lo sbiancamento dei denti, che può costare da 300 euro in su. Si tratta tra l’altro di una pratica che può essere dannosa in alcuni casi. Inoltre l’effetto scompare dopo alcuni mesi. Sempre più dentisti a caccia di clienti stanno facendo trattamenti estetici. «Nelle grandi città  lo fanno almeno il 10% dei colleghi», spiega Prada dell’Andi. In questi casi il rapporto con il paziente è chiaro. Non si prospettano infatti trattamenti sanitari per affrontare problemi di salute ma attività  destinate a migliorare l’aspetto. «Sono sempre più persone a chiederle, siamo in una società  più dell’apparire che dell’essere – prosegue Prada – Non spingiamo questo fenomeno ma con la crisi quello che arriva si prende». Un’altra tecnica è l’applicazione di faccette estetiche sull’esterno dei denti. Si tratta di piccoli adesivi (4-500 euro l’uno) che dopo un po’ devono essere sostituiti. Infine i dentisti si occupano anche del viso. In molti studi ormai si fanno anche iniezioni di filler e botulino per spianare le rughe della bocca e degli occhi. La cosa non piace ai chirurghi estetici. «Gli specialisti deputati a questo tipo di trattamenti siamo noi – dice Francesco D’Andrea della Società  italiana di chirurgia plastica – Farlo presso chi non ha le nostre competenze è rischioso». I DUBBI SUGLI APPARECCHI Uno degli argomenti più spinosi nel campo dell’odontoiatria è quello dell’ortodonzia. Sono tantissimi i genitori a cui è capitato di sentirsi proporre l’apparecchio per i figli e sono rimasti con il dubbio se fosse veramente utile. Tra l’altro è una delle prestazioni più care, non è difficile che raggiunga i 5mila o addirittura i 10mila euro. Quando è necessario mettere l’apparecchio? Secondo qualcuno questo strumento è spesso inutile per i bambini perché molti problemi si risolvono da soli con il tempo. Stando al dottor Prada dell’Andi almeno la metà  dei dispositivi che vengono messi non risponde a necessità  di salute ma piuttosto a esigenze estetiche. Il servizio pubblico ha previsto di intervenire con questi strumenti solo per problemi che riguardano il 10% dei bambini. Claudio Chimenti, presidente della Sido, la società  italiana di ortodonzia, la vede diversamente. Spiega che «l’apparecchio va usato solo se ce n’è bisogno, possono esserci persone poco serie che lo propongono quando è inutile, ma avviene in tutti i campi, non solo della medicina. Stimiamo che lo debbano mettere tra il 60 e l’85% dei bambini. Poi ci sono gli adulti, che sono in aumento e rappresentano un quarto dei nostri pazienti». Chimenti si ritaglia una fetta di mercato enorme, del resto il suo è uno dei pochi settori nell’odontoiatria che continua a crescere. L’apparecchio serve a prevenire problemi di cattiva occlusione che possono portare tra l’altro a dolori alla testa o al collo. Ma può servire anche per motivi esclusivamente estetici. «Non so dire quanti pazienti abbiano questa motivazione – spiega sempre Chimenti – Molte persone mature però hanno magari anche altri problemi ma la cosa che gli interessa di più è l’incisivo girato». Qualcuno dice che certi problemi si risolverebbero da soli, senza bisogno della “macchinetta”. «Ma è difficile prevedere come si evolve una dentatura nel tempo».


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