Salvataggi, Merkel gela l’Europa Ma rilancia su crescita e lavoro

by Editore | 26 Gennaio 2012 8:23

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DAVOS – Lezione numero uno: «Solidarietà  significa cambiare mentalità , vuole dire tenere fede agli impegni reciproci». Lezioni numero due e tre: «Dobbiamo superare gli ostacoli che ancora ci impediscono di avere un mercato unico davvero concorrenziale. Un passaggio fondamentale, perché si collega a quello che sarà  il nostro obiettivo nei prossimi due Consigli europei: adottare un piano per creare posti di lavoro». 
Angela Merkel prende alla lettera l’invito che le viene rivolto da Klaus Schwab, il fondatore del World economic forum: dieci minuti di parole cortesi che si potrebbero riassumere così: «Cancelliera, quali sono gli ordini per l’Europa?». La leader tedesca non si sottrae e a Davos detta l’agenda dei prossimi mesi all’Unione Europea. Seduta in prima fila ci manca poco che la premier della Danimarca, la socialdemocratica Helle Thorning-Schmid non prenda appunti, quando, Trattati comunitari alla mano, sarebbe dovuto toccare a lei, visto che è la presidente di turno della Ue, annunciare le mosse in arrivo.
D’accordo: pura utopia in questa fase. La platea di industriali ed economisti arrivati da ogni parte del mondo riconosce un solo leader, quando c’è di mezzo l’Europa, e questo leader è la signora in giacca e pantaloni neri che è salita sul palco. Il messaggio di Merkel è una risposta (e anche un’apertura) a tutti coloro che, a Berlino e all’estero, la accusano di pensare solo al rigore di bilancio. A Davos anche la Germania scopre la «fase due»: ora servono misure per la crescita.
La Cancelliera entra nel tema con un’equazione lineare: «In Europa ci sono 23 milioni di imprese e 23 milioni di disoccupati. So che è una semplificazione, ma basterebbe che ognuna di queste aziende assumesse una persona senza lavoro e avremmo risolto il problema». Poi, l’annuncio: «Il 30 gennaio e poi a marzo avremo due Consigli europei (il vertice dei 27 capi di Stato e di governo, ndr) e discuteremo proprio di come creare lavoro». Merkel indica lo schema da seguire: «Dovremo verificare in quali Paesi esistono posti di lavoro non coperti, e quindi studieremo come intervenire, tenendo conto che la legislazione sul mercato del lavoro non compete all’Unione. Però immagino la possibilità  di creare delle partnership tra Stati diversi, magari coinvolgendo anche Paesi non europei». In ogni caso, la Cancelliera fa notare che con la riforma del mercato del lavoro «la Germania ha ridotto il numero dei disoccupati da 6 a 3,5 milioni».
Ed eccoci alla saldatura chiave: mercato unico, più concorrenza, più posti di lavoro. Facile trovare assonanze con la strategia del governo Monti in Italia e con il modello corrente a Bruxelles. Ma dal punto di vista tedesco tutto ciò si può fare, (si deve fare), solo se non si perde di vista la premessa fondamentale e irrinunciabile: rigore, disciplina, coerenza nella gestione dei conti pubblici. «Nel 2011 – concede la Cancelliera – ci sono stati progressi, però può darsi che non siano sufficienti. Per fronteggiare la situazione che si è venuta a creare in Spagna, Italia, Portogallo, Grecia abbiamo predisposto un fondo per gli aiuti di emergenza e un altro per sostegni più di lungo periodo. Sento dire che potrebbero non bastare, che potrebbero essere necessarie il doppio, il triplo delle risorse finanziarie. Noi tedeschi, lo dico con chiarezza, abbiamo sempre difeso la solidarietà  tra Paesi europei, ma non vogliamo trovarci nella posizione di prendere impegni che non possiamo rispettare, perché a quel punto tutti noi europei non saremmo più credibili». 
Il governo tedesco, dunque, non sembra disponibile a rafforzare il piatto di apertura (500 miliardi) dell’Esm (European stability mechanism). E questo si era capito. Come pure i tedeschi si aspettano regole secche e vincolanti dal nuovo Trattato sulla disciplina di bilancio in discussione a Bruxelles. Merkel ripete anche questo, a scanso di equivoci: dare più spazio alle misure sul lavoro, non significa cambiare l’ordine delle priorità . Quelle tedesche e quindi, in assenza di controprove, europee.

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