Ritorna il fantasma degli anni ’30

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PARIGI – Il tempo stringe e la situazione economica mondiale resta drammatica. Il 29 c’è il Consiglio europeo dei capi di stato e di governo e sul tavolo ci deve essere il testo definitivo del nuovo trattato sulla stabilità , il coordinamento e la governance dell’unione economica monetaria, che ha la finalità  immediata di «rassicurare i mercati» e, nel medio e lungo periodo, di armonizzare le politiche economiche nella zona euro attraverso la disciplina di bilancio. Ci sono ancora alcuni punti controversi (se i vertici saranno aperti ai paesi non euro che hanno ratificato il trattato, se la punizione riguarderà  solo i deficit o anche il debito, sul ruolo della Corte di giustizia). 
A drammatizzare la situazione è stata ieri Christine Lagarde, direttrice dell’Fmi, che era a Berlino. Lagarde chiede agli europei di «rafforzare i mezzi finanziari dei meccanismi di sostegno agli stati in difficoltà », e cita esplicitamente «Spagna e Italia», che potrebbero aver bisogno di ossigeno, «spinti a una crisi di solvibilità  a causa dei costi di finanziamento anormali», anche se sulla carta sono «in grado di rimborsare i debiti». Lagarde ribatte che «una situazione dove coesistono 17 politiche di bilancio interamente indipendenti e una sola politica monetaria non è tenibile». Lagarde ha riparlato di Eurobond e di aumento delle capacità  del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità  che succederà  al Fesf (il fondo salva-stati) a luglio. Angela Merkel ha risposto che «la priorità  per me è chiudere i negoziati del Mes», ma non vuole sentir parlare di ricorso ad altri fondi tedeschi, né sotto forma di Eurobond né in aumento delle capacità  del Mes, che restano di 500 miliardi.
Lagarde parla di economia mondiale di fronte a «una svolta decisiva»: «non si tratta di salvare un paese o una regione, si tratta di impedire che il mondo si faccia prendere in una spirale di degrado economico». Lagarde è alla ricerca di soldi anche per l’Fmi, che potrebbe dover far fronte a mille miliardi di dollari di bisogni di finanziamenti mondiali nei prossimi anni: si vedrà  al G20 di Città  del Messico del 25-26 febbraio se gli «emergenti» sono disposti a contribuire, mentre l’occidente è in difficoltà . 
Ma prima di affrontare i punti ancora controversi nel testo del futuro trattato europeo, che dovrebbe venire ratificato entro marzo ed entrare in vigore per l’estate, i ministri dell’Eurogruppo, riuniti ieri a Bruxelles, hanno dovuto fare i conti con il ritorno di fiamma della crisi greca. Uno dei negoziatori delle banche private, il lobbista Charles Dallara, domenica sera era pessimista: «abbiamo toccato i limiti». Ma i politici premono. «Sono fiducioso nel fatto che riusciremo a concludere un accordo rapidamente, di preferenza questa settimana», ha detto ieri Olli Rehn, commissario agli affari economici. I greci fanno sapere che sono stati fatti «seri passi avanti in direzione dell’accordo», che era atteso per ieri e invece non è ancora stato concluso. «C’è sempre speranza – ha precisato il ministro delle finanze belga, Steven Vanackere – ma non bisogna mettere una data limite che poi se non è rispettata porta alla delusione». 
Da novembre, Atene negozia con le banche private, come ha voluto la Germania, per convincerle ad accettare un hair cut di 100 miliardi di euro nel rimborso del debito di 350 miliardi. Entro il 20 marzo, la Grecia deve restituire 14,5 miliardi. Se non c’è l’accordo con i privati, la Ue non sbloccherà  il piano di aiuti di 130 miliardi promesso ad Atene e sarà  default. L’Fmi preme perché le banche accettino di perdere il 65-70% dei crediti concessi imprudentemente ad Atene, cioè più del 50% previsto in un primo tempo. Inoltre, l’Fmi preme per tassi di interesse bassi sulle nuove linee di credito alla Grecia, intorno al 3%, mentre le banche vorrebbe aumenti progressivi, fino al 4-4,5%. Nella Ue crescono le perplessità  ad aumentare i finanziamenti alla Grecia: «La somma di 130 miliardi è già  elevata, per non continuare a mettere dei soldi sul tappeto – ha riassunto il ministro delle finanze del Lussemburgo, Luc Frieden – gli altri paesi Ue toccano anch’essi i loro limiti di capacità ». Per il ministro tedesco delle finanze, Wolfang Shaà¼ble, «siamo sulla buona strada, ma è ancora troppo presto per dire che il peggio è dietro di noi, spero, ma resto prudente».


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