Rispunta la «scatola nera» nelle auto Non è detto che le tariffe calino

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ROMA — Rieccola la «scatola nera». Il dispositivo che registra l’attività  dei veicoli, ricompare nel testo attuale del decreto sulle liberalizzazioni, con l’obiettivo di produrre una riduzione delle tariffe assicurative. In circolazione intanto ce ne sono già  circa due milioni.
L’idea infatti non è nuova: è stata caldeggiata dallo scorso governo e sperimentata da quello precedente, senza molto successo, almeno a sentire chi l’aveva realizzata, perché non ha portato a un calo generalizzato delle tariffe. La novità  è che, questa volta, i costi vengono posti a carico delle compagnie. Ma anche qui, come vedremo, non è detto che finisca davvero così.
Il dispositivo è composto essenzialmente da una scatolina, della grandezza di un pacchetto di sigarette o poco più, da posizionare in un posto non visibile: nel cruscotto o nel vano motore. Questa scatola raccoglie, memorizza ed elabora i dati sulla posizione del veicolo, la sua velocità , il tempo di utilizzo e le rotte, ricevuti da alcuni sensori. Poi li trasferisce a un sistema di raccolta dati, presso una centrale operativa, terza rispetto alla compagnia assicurativa. La scatola è alimentata dal sistema elettrico dell’automobile, ma se la batteria si scarica, dispone di una propria autonomia. Inoltre il suo distacco dal normale sito viene segnalato in centrale, in quanto equivale a un tentativo di furto.
La scatola si avvale di un sistema Gsm che invia impulsi alla centrale con cui è connessa. In caso d’incidente, i sensori frontali misurano la violenza dell’impatto, calcolando la decelerazione dell’automobile al momento dello scontro, mentre quelli laterali avvisano degli sbandamenti e degli spostamenti dell’asse. Infine quelli posteriori registrano se l’auto ha frenato prima dell’incidente. Tutte queste informazioni vengono registrate in maniera permanente in un server con un codice identificativo e servono a ricostruire l’incidente.
Nessuno, tranne il titolare della polizza può avere accesso ai dati in questione. Per cui la compagnia assicurativa deve ottenere l’autorizzazione dell’assicurato. Questa è la regola imposta dall’Autorità  per la privacy. È chiaro che alle forze dell’ordine è data comunque la possibilità  di acquisire i dati della scatola per svolgere indagini. In caso d’incidente rilevato, la centrale chiama il numero di cellulare della persona che ha stipulato la polizza. Nel caso non riceva risposta chiama le forze dell’ordine. Nell’automobile esiste, a seconda delle polizze, un bottone di emergenza per chiamare soccorso. In caso di furto infine, il sistema consente di rilevare la posizione del veicolo. 
Gli sconti finora applicati sui contratti di Rc auto sono stati mediamente del 5-15% e del 50% sulle polizze furto. «Non ci sono solo vantaggi economici — commenta Umberto Guidoni, segretario generale della Fondazione Ania per la sicurezza stradale — ma anche effetti virtuosi sul comportamento di chi decide di installare la scatola». Il dispositivo più diffuso è quello di Octo Telematics, la società  che fa capo alla Montezemolo & Partners. Finora la compagnia che ha più creduto in questo strumento, che non è molto diffuso nel resto d’Europa, è stata la Unipol, che ha sottoscritto circa 600 mila contratti. Il cliente paga per il dispositivo qualcosa come il 7% del premio e ottiene uno sconto del 15% nel primo anno e tra il 5% e il 30% nell’anno successivo, a seconda del chilometraggio effettuato. «La sinistrosità  è calata — assicurano all’Unipol —, parliamo di numeri a doppia cifra». Come si regolerà  adesso la compagnia con i costi che il decreto le addebita? «Dovremo riformulare la scala degli sconti» è la risposta. Che non lascia dubbi su chi pagherà .
Antonella Baccaro


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