QUEI MATTONI CHE SEMBRANO UN QUADRO

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La bella scena non è dietro il sipario, la bella scena è davanti, dove ogni collina ha il suo paese nel punto più alto e da ogni paese ne puoi guardare tanti.
Poggiate i vostri piedi sulle piccole piazze, entrate nelle chiese, nei vicoli, guardate i palazzi, le finestre, le porte. Tutto risente di un lavoro paziente, come se chi posava un mattone sull’altro stesse componendo il disegno di un volto, di un braccio. Dopo le chiacchiere dei teologi medioevali, bisognava ristabilire un rapporto delle persone coi loro luoghi naturali. Quante strapazzate e strapazzanti giornate ci sono volute per uscire dalla cintura mezzadrile e per lisciare, ricamare, accudire queste colline come si accudiscono le cose più care. Quanto fiato c’è voluto, il piccolo fiato di ognuno, per fare le più intime scale di pietra, per posare i mattoni dei palazzi e delle chiese romaniche e farfensi. 
C’è una bellezza diffusa che tiene insieme spontaneità  e simmetria; anche dove si è lavorato all’impronta, l’insieme è sempre mirabile, come se da queste parti ci fosse una naturale ritrosia per la bruttezza. Nulla è mai troppo grande. Niente che appaia velleitario, intemperante ed esagerato. Siamo in una provincia che ben conosce la decenza dell’ospitalità  e se ne serve adesso per mantenere una postura civile in tempi scomposti e affannati. Valore e cortesia di una terra senza fuochi fatui e senza trucchi, senza sorprese e stravaganze. Lo straordinario non abita da queste parti. Siamo in un paesaggio onesto, senza cupezze gotiche o artifici barocchi, un paesaggio tipicamente italiano, moderato, armonico, lievemente poetico, lievemente malinconico. Ogni paese è un sonetto costruito con l’endecasillabo dei mattoni a vista. Ogni paese esibisce alla sua periferia il verso libero delle costruzioni anni settanta.
L’economia meno florida ha tenuto un po’ lontane le matite dei geometri e le betoniere. Il contrasto con la Val di Tenna è abbastanza forte. Questi paesi somigliano a chi li abita: attenzione a ciò che vale davvero, sobrietà  e compostezza, misura, discrezione, una timidezza accogliente, un’umiltà  sincera che inclina all’anonimato della vita quotidiana piuttosto che alle vanità  del primeggiare. 
Il giro lungo la Val d’Aso può iniziare salendo ad Altidona, dove nello stesso sguardo puoi tenere il mare e le mura castellane. Quando arrivi in un paese puoi seguire il crinale e presto ne trovi un altro, oppure puoi andare a zonzo sul pettine della colline, scendere e salire per andare a vedere il paese che sta su un altro crinale, dove trovi un’altra piazza, altre mura, alte torri, altri merletti. Tutto è un po’ diverso dal paese che hai appena lasciato, ma la pellicola del mattone ti fa sentire nello stesso film. 
In molti centri si può anche evitare la sosta, ma non a Monterubbiano e nella adiacente Moresco. Questo paese è come se fosse un proseguimento della pittura. Qui hanno fatto coi mattoni quello che Piero della Francesca ha fatto coi pennelli.


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