“Tra Torino e Detroit scelta difficile”

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DETROIT – La scelta sulla sede del nuovo gruppo Fiat-Chrysler «sarà  difficile», «verrà  compiuta tra due anni» e «comunque la compiremo noi e non verrà  fatta da altri». Nel giorno in cui uno dei suoi possibili successori nel 2015, il numero uno di Dodge, Raid Bigland, presenta la Dart, la prima nata dall’integrazione tra un pianale Alfa e la tradizione americana, Sergio Marchionne torna sul tema al centro delle polemiche di questi giorni: l’ipotesi che il quartier generale della principale industria italiana voli fuori dai confini nazionali. E ricorda «la notte che tornai da Detroit con l’accordo per la rottura dell’alleanza con Gm. Tornavo con due miliardi di dollari, e questo mi faceva ovviamente piacere, ma con la certezza che non avrei avuto altri cui rivolgermi per risolvere i grandi problemi che avevo davanti». Un modo per sottolineare che se l’alleanza con Gm fosse rimasta in piedi, il quartier generale della Fiat sarebbe comunque volato a Detroit. E che quella scelta l’avrebbe compiuta Richard Wagoner, allora numero uno del gigante americano. Perché dunque l’ipotesi fa scalpore oggi? Marchionne ha parole di elogio per l’America e di comprensione per l’Europa: «L’America ha una grande capacità  di riprendersi dalle sconfitte. E’ nel suo dna. Qui a Detroit, nel 2008, c’era puzza di morte, l’industria dell’auto sembrava sull’orlo del collasso. Oggi c’è una rinascita incredibile». In Europa invece «c’è una situazione estremamente difficile. Se anche migliorassimo di molto le nostre performance in America non riusciremmo a compensare le 450-500 mila auto in meno all’anno che il mercato depresso dell’Europa ci porterà  via.
In questa situazione, con un’America che tira e l’Europa che frena, la scelta su dove collocare il quartier generale della futura società  Fiat-Chrysler rischia di essere quasi obbligata. Marchionne torna ad attaccare i sindacati italiani («Come si fa a investire se i sindacati pongono continui ostacoli? E’ necessaria una riforma del lavoro») ma non esclude comunque nessuna possibilità : «La sede la decideremo al momento della fusione e dopo la conclusione della trattativa con il fondo Veba sul resto delle azioni». Il fondo Veba è quello dei pensionati del sindacato americano. E’ difficile che la questione della sede centrale, che vale da sola 10 mila posti di lavoro, non entri nella trattativa con i pensionati del sindacato. Marchionne garantisce: «Se anche venisse trasferito il quartier generale, questo non provocherà  la perdita di posti di lavoro in Italia». Il problema, ripete l’ad, «è di sistema. In Italia la prima cosa che ti trovi a discutere è che cosa non può essere modificato. Qui c’è una grande disponibilità  al cambiamento. E se dovessi dire che Chrysler fa una scelta per motivi economici, Detroit lo capirebbe». Perché è certamente preferibile essere il cuore di un grande gruppo ma, aggiunge Marchionne, «se un cuore non funziona un granché o ne trovo uno migliore, che cosa devo fare?»


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