“Onorevoli, tagli entro gennaio o interveniamo”

by Editore | 5 Gennaio 2012 8:48

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ROMA – Tre settimane di tempo per Camera e Senato. Poi, in assenza di un segnale concreto, il governo interverrà . Qualcosa andrà  fatto, alla luce dei risultati della relazione Giovannini, fa sapere Palazzo Chigi, che «terrà  conto» di quelle osservazioni «per le successive determinazioni di propria competenza».
Il taglio alle buste paga dei parlamentari è stato stralciato dal decreto “salva Italia”, dopo le polemiche di dicembre, per rispetto al principio dell’autodeterminazione delle due Camere. Ma il presidente Monti si «riserva di decidere» sul dossier costi della politica. Intanto, per quanto di sua competenza: enti e organismi statali. Se poi sarà  necessario, anche sulla scivolosissima materia parlamentare. È quanto la presidenza del Consiglio lascia trapelare al termine delle due ore fitte di colloquio tra il capo del governo e il presidente dell’Istat Enrico Giovannini, responsabile della commissione che il 31 dicembre ha concluso, sebbene in parte, il lavoro di comparazione tra le indennità  italiane e quelle dei legislatori di altri sei paesi europei. Monti «terrà  conto dei rilievi formulati dalla commissione sulle retribuzioni dei parlamentari», si legge nella nota diffusa al termine dell’incontro in cui Giovannini ha illustrato i risultati raggiunti, la metodologia seguita e le enormi difficoltà  affrontate. La commissione è finita sotto un fuoco di fila di polemiche. E trattandosi di un organismo governativo, è proprio all’esecutivo che il presidente dell’Istat ha voluto chiedere copertura «politica» con l’incontro di ieri. Al cospetto di Monti, Giovannini ha confessato tutta l’amarezza per i «toni» usati contro la sua squadra di accademici: «Il nostro non è stato un attacco politico al Parlamento, non abbiamo tratto delle conclusioni, ci siamo limitati a presentare un raffronto che sarà  pure lacunoso, ma è stato condotto con criteri scientifici». E soprattutto, «delle verità  siamo riuscite a tirarle fuori». Come dire, non è colpa loro se le indennità  lorde dei parlamentari italiani sono risultate le più alte d’Europa. Ora le Camere dovranno provvedere entro la scadenza preannunciata del 31 gennaio. Se non avverrà , anche se la forzatura dovesse provocare sconquassi, il governo non resterà  con le mani in mano. Palazzo Madama e Montecitorio saranno al lavoro già  dalla ripresa, lunedì prossimo. Da ciascun capigruppo, il presidente Schifani attende proposte, nero su bianco. Poi deciderà  il Consiglio di presidenza. Così alla Camera. Ma a Palazzo Madama il senatore questore leghista, Paolo Franco, ne fa un caso politico, accusa il governo di voler «delegittimare il Parlamento per continuare a governare senza consenso». A suo dire, Giovannini ha «fatto flop», non ha individuato la media Ue delle indennità  e ora «si dovrà  riprendere in mano da zero la situazione». E guai a parlare di portaborse a carico del Senato («Costerebbe di più»). Insomma, altro che fine gennaio. Il clima resta rovente. In tanti la pensano come il berlusconiano Francesco Giro: «Non siamo abusivi né bersagli da circo». Altri, come Cicchitto e Quagliariello, prendono di mira la «campagna denigratoria» in atto. 
Monti va per la sua strada sulla via del risanamento, come spiega in un’intervista a Le Figaro: «Il mio governo può cadere domani, non siamo qui per sopravvivere ma per fare un buon lavoro. Dubito tuttavia che un partito prenderebbe con leggerezza di fronte agli elettori» la decisione di staccare la spina. Ai partiti, che in Italia «non sono usciti di scena, ma restano protagonisti», rende «omaggio» per le scelte impopolari approvate. Il premier sostiene di non temere Berlusconi: «Dal mio predecessore ricevo un sostegno considerevole». Anche se non lesina critiche: «L’ex maggioranza ha messo in discussione la sua politica d’austerità  di bilancio dopo le elezioni regionali andate male e questo ha destabilizzato i mercati». L’errore? Non aver «ammesso la grave mancanza della crescita», rinunciando alle «politiche di liberalizzazione». A conti fatti, Monti si dice «assolutamente sorpreso» dei consensi, superiori al 50 per cento. «Non ho fatto niente per meritarlo: il mio gradimento, al contrario, dovrebbe essere prossimo allo zero, data la gravità  dei sacrifici chiesti agli italiani».

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