“Il decreto non deve essere stravolto” Monti ai partiti: equilibri da rispettare, il costo della vita scenderà
TRIPOLI – Di corsa in Libia, primo leader europeo in visita ufficiale nella capitale che porta ancora i segni dei bombardamenti. Perché c’è tutta una politica estera da ricostruire, non solo in Europa. E tanto più qui, all’ombra delle palme di Piazza dei Martiri, tutta una trama da ritessere – tre mesi dopo la fine di Gheddafi – se non si vuole essere scavalcati a breve dai francesi nelle partnership commerciali.
Mario Monti stacca per un giorno la spina dalle emergenze italiane, anche se le liberalizzazioni appena varate e ancora contestate, restano sullo sfondo della missione. Tanto che il premier non esita a margine della visita di sconsigliare fin d’ora ai partiti di modificare il decreto, pur riconoscendo al Parlamento «piena sovranità ». Era possibile fare meglio, certo, «ma anche peggio» annota con un filo di ironia. Gli stipendi non saranno più alti, ma col pacchetto anti-caste sarà «minore la crescita del costo della vita». Ad ogni modo, «difficile fare di più in 63 giorni» di governo.
A Tripoli lo accompagnano i ministri degli Esteri, Terzi di Sant’Agata, e della Difesa, Di Paola. Non in volo di Stato con loro, arriva comunque Paolo Scaroni, ad dell’Eni che ha solide radici in tutto il Paese, pronto a firmare impegni per iniziative sociali da 320 milioni. Aiuti in soldoni che consentono di sciogliere il gelo iniziale tra il capo del governo transitorio Abdel Al-Kib e il presidente italiano, quando ministri e dignitari siedono a porte chiuse nella sala dell’hotel Rixos. «Siamo qui per aiutare la nuova ripartenza della Libia» assicura Monti al suo “collega”. «Siete voi i vincitori della guerra» sottolinea Di Paola. Solo allora la tensione si stempera. L’Italia è andata per «offrire» tutta una serie di aiuti finanziari, logistici, militari. Ci penserà il ministro dello Sviluppo Passera a febbraio a riprendere le fila del discorso finanziario per le imprese italiane. Intanto, come lascia intendere il governo libico, va in soffitta il Trattato di amicizia Gheddafi-Berlusconi e si riparte con la “Tripoli declaration” firmata da Monti e dal governo transitorio (in attesa delle elezioni di giugno). C’è il tempo per riconsegnare il reperto romano della “Testa di Domitilla”, rubato in Libia e recuperato dai Carabinieri in Italia, e inaugurare il nuovo consolato in centro città . Poi, prima di ripartire per Roma, Monti torna a guardare alle cose italiane. E quando gli chiedono se il decreto appena sfornato sia suscettibile di ritocchi, data l’accoglienza ricevuta, lui avverte: «Il Parlamento è sovrano, il provvedimento è complesso e ha una sua logica di insieme. Sconsiglieremmo variazioni che dovessero farla venire meno. Il risultato dipende più dalla foresta che dal singolo albero». Non si riaprono trattative coi partiti o con le categorie, piuttosto il governo «cercherà di persuadere» gli uni e le altre, «questo è un momento di difficoltà ». Il Cdm di venerdì è stato lungo e laborioso, ammette. Pure movimentato?, gli chiedono. La risposta è nella ormai consueta Monti’s irony: «Solo nel momento in cui, tardi, ci siamo alzati per un breve intervallo e abbiamo consumato un tramezzino. Anche la sobrietà ha i suoi limiti»
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