“Evadere è peccato, la Chiesa rifiuta privilegi”

by Editore | 24 Gennaio 2012 7:38

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CITTà€ DEL VATICANO – La Chiesa deve pagare l’Ici senza auto-esenzioni improprie, che sono scandalo e peccato. Nessun privilegio. Ma per gli immobili usati per servizi, valgano le norme che regolano il “no profit”. Le parole del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, che hanno aperto ieri il cosiddetto “parlamentino” dei vescovi, segnano un ulteriore passo avanti della Chiesa nella delicata questione delle imposte da applicare sui beni ecclesiastici.
E, soprattutto, ancora una mano tesa verso Mario Monti e la sua squadra, definita «un esecutivo di buona volontà » che sta provando «a sbrogliare la matassa nel frattempo diventata troppo ingarbugliata». Da Palazzo Chigi il presidente del Consiglio ha fatto trapelare di sentirsi «molto incoraggiato» dal nuovo assist della gerarchia ecclesiastica, dopo quello incisivo ricevuto dal Papa, e il discorso del cardinale è stato apprezzato e giudicato come «generoso nei confronti dell’azione del governo». 
«La Chiesa – ha detto Bagnasco nella prima delle cinque giornate del Consiglio permanente della Cei – non può e non deve coprire auto-esenzioni improprie. Evadere le tasse è peccato. Per un soggetto religioso questo è addirittura motivo di scandalo». C’è da salvare l’Italia, ha aggiunto l’arcivescovo di Genova. «E c’è da far sì – cosa non scontata – che i sacrifici che si vanno compiendo» non si rivelino inutili. Per quanto riguarda l’Ici-Imu, dunque, la Chiesa «non chiede trattamenti particolari, ma semplicemente di aver applicate a sé, per gli immobili utilizzati per servizi, le norme che regolano il “no profit”». 
Non entra, il cardinale-presidente, nel merito dei tecnicismi normativi ancora allo studio e che dovrebbero essere pronti per metà  febbraio, in occasione dell’anniversario dei Patti Lateranensi. Noi per la nostra parte controlleremo, ha assicurato Bagnasco nella sua prolusione: «Ci piacerebbe solo non si investissero tempo e risorse in polemiche che finiscono per far sorgere sospetti inutili». 
In Italia ci vuole un esame di coscienza, ha continuato. Perché «c’è un’incapacità » di arrivare «nei tempi normali a riforme effettive, spesso solo annunciate». E dal punto di vista etico, non ci può essere sospensione della responsabilità  della politica. «I partiti – invita Bagnasco – non devono fare gli spettatori, ma devono attivarsi con l’obiettivo anche di riscattarsi, preoccupati veramente solo del bene comune». La politica è anzi «assolutamente necessaria, e deve mettersi in grado di regolare la finanza perché sia a servizio del bene generale». I cattolici, già  protagonisti nell’incontro di Todi, vogliono essere presenti «nell’agorà  moderna» con «il nostro laicato». 
Quanto alla crisi economica che «da almeno quattro anni sta scuotendo il mondo – ha rilevato Bagnasco – ora sappiamo di essere entrati in una fase inedita della vicenda umana». Il «capitalismo sfrenato – è l’accusa – sembra ormai dare il meglio di sé non nel risolvere i problemi, ma nel crearli, dissolvendo il proprio storico legame con il lavoro, il lavoro stabile, e preferendo ad esso il lavoro-campeggio», ha detto citando Zygmunt Bauman. «E la “fluidità ” di valori, relazioni e riferimenti, non impedisce affatto – semmai favorisce – il formarsi di coaguli sovrannazionali talmente potenti e senza scrupoli, tali da rendere la politica sempre più debole e sottomessa. Mentre invece dovrebbe essere decisiva, se la speculazione non avesse deciso di tagliarla fuori e renderla irrilevante, e quasi inutile». Il dubbio di Bagnasco è che si voglia dimostrare l’incompetenza dell’autorità  politica rispetto ai processi economici. «Come se una tecnocrazia transnazionale anonima – è il duro monito finale – dovesse prevalere sulle forme della democrazia e dove la sovranità  dei cittadini è ormai usurpata dall’imperiosità  del mercato».

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