Primarie repubblicane, vento anti-Wall street

by Sergio Segio | 10 Gennaio 2012 8:08

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NEW YORK. Con due dibattiti presidenziali a meno di dodici ore di distanza uno dall’altro nel week-end che precede le elezioni di oggi in New Hampshire, le tv americane rischiano di mettere a dura prova non solo la passione degli spettatori ma anche quella degli elettori stessi per le primarie repubblicane di quest’anno.
Poche le faville, zero gli shock, ma diversa l’intensità  drammatica nei due eventi tenutisi sabato sera e domenica mattina, sponsorizzati rispettivamente dalle reti Abc e Nbc, insieme a Facebook e al quotidiano locale New Hampshire Union Leader.
Nel primo l’ex governatore del Massachusetts Mitt Romney, favorito con ampio margine per la vittoria di oggi, è riuscito a destreggiarsi senza difficoltà , raramente oggetto di attacchi diretti dei suoi avversari, sfoderando un perenne sorriso Pepsodent, le mani in tasca per esibire una rilassatezza che non gli viene naturale e tentando persino qualche battuta (che gli vengono ancora peggio). La mattina seguente, accortisi di avergli lasciato terreno troppo facile, e aiutati da un moderatore con più piglio (il conduttore di Meet the Press, David Gregory), gli altri concorrenti hanno sfoderato un po’ di artiglieria concentrando il loro tiro in direzione del frontrunner. In gioco, non tanto un improbabile capovolgimento delle sorti in New Hamphsire, quanto la longevità  delle rispettiva candidature, in un campo destinato a restringersi entro la fine del mese, con le primarie in South Carolina e Florida.
Più bellicoso di tutti è stato Newt Gingrich, le cui aspirazioni alla nomination, rosee per un paio di settimane nel mese di dicembre, sono state ridimensionate da una valanga di spot negativi finanziati da ricchi sostenitori di Romney. «Possiamo mettere da parte l’atteggiamento da santerellino?», ha sibilato l’ex speaker della camera all’ex governatore del Massachusetts dopo che questi aveva magnificato il suo trascorso di businessman e il suo disdegno per i «professionisti della politica». «Sono anni e anni che stai cercando di arrivare a Washington. Ti è andata male perché nel 1994 hai perso al Senato contro Ted Kennedy…», gli ha ricordato Gingrich mettendo a segno la stoccata. «Non è mai stato un sostenitore dei principi conservatori. Ha preso le distanze da Ronald Reagan e ha promesso che sarebbe stato più a sinistra di Kennedy su diritti omosessuali e aborto», ha rincarato l’uomo degli evangelici, Rick Santorum. Anche il più pacato Huntsman si è dato da fare contro «Mitt», notando, in modo nemmeno troppo obliquo, che, al contrario di entrambi i suoi, nessuno dei quattro figli di Romney ha mai servito nell’esercito.
«Mitt Romney sembra il tipo che ti ha appena licenziato» era stata una riuscitissima battuta del candidato evangelico Mike Huckabee nelle primarie del 2008. A quattro anni di distanza, contando sul diffuso fervore anti-Wall street che attraversa il paese, l’opportunità  di ritrarre Romney come un figlio del privilegio (suo padre è stato governatore del Michigan e amministratore delegato della American Motor Company), che ha accumulato una fortuna personale a forza di leveraged bayout, è appetitosa – sia per gli altri repubblicani in lizza che per i democratici. Sarebbe proprio quello il soggetto di uno spot kolossal (ventotto minuti di durata) che un gruppo di sostenitori di Gingrich intende far circolare online in coincidenza con le primarie del South Carolina. Acquistato grazie ai cinque milioni di dollari che Sheldon Adelson, un proprietario di casino di Las Vegas, ha donato al Super Pac pro-Gingrich Winning Our Future, lo spot è incentrato sulla Bain Capital, la società  di equity firm diretta da Romney tra il 1984 e il 1999, e include interviste a persone rimaste disoccupate grazie allo «spirito imprenditoriale» del candidato. Il suo titolo, King of Bain: When Romney Came to Town, sembra la parodia di una delle commedie populiste anni trenta di Frank Capra.
«Il successo di Romney deriva dall’aver depredato e distrutto business altrui, lasciato gente senza lavoro, rubato la loro assistenza sanitaria», ha dichiarato al New York Times il consulente di Winning Our Future Rick Tyler. Lo spottone sarebbe stato offerto, prima ancora che a Gingrich, ad altri due repubblicani che però hanno detto no. «David Axelrod (il consigliere di Obama, ndr) esulterà  di gioia quando vedrà  il film», ha garantito il produttore di King of Bain, Barry Bennett, un ex supporter di Rick Perry, perfettamente conscio della valenza a doppio taglio dell’operazione. Che non è solo un segno di come la lotta per la nomination repubblicana si stia inasprendo, ma del ruolo centrale (e anche – come in questo caso – imprevedibile) che avranno nei prossimi dieci mesi i Super Pac, i gruppi ombra che stanno dietro ai candidati e che sono liberi di far sentire il loro peso a forza di milioni e milioni di dollari in pubblicità  negativa, a patto che non abbiano legami diretti con i candidati. Ma, tanto per fare un esempio, il super Pac di Jon Huntsman è stato orchestrato da suo padre.

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