Più Welfare in Azienda così Cresce il Salario ma non l’Imponibile Irpef

Loading

Il prossimo obiettivo del governo sarà  quello di affrontare il tema della crescita ponendo mano al mercato del lavoro, alle norme e consuetudini che lo regolano, ben sapendo che i tassi di occupazione italiani sono tra i più bassi dei 27 Paesi Ue e così pure le retribuzioni nette. Il tema dovrebbe essere affrontato su tre livelli: semplificazione, agevolazioni e incentivazioni. 
Per quanto riguarda la semplificazione le considerazioni sono varie. In primo luogo, le leggi e le norme che regolano il mercato del lavoro assommano a una enciclopedia di oltre 1.500 pagine; occorre una drastica riduzione, realizzando un libretto che ogni lavoratore possa leggere, comprendere e discutere in fase di assunzione. Inoltre non è accettabile che manchi una norma sulla retribuzione oraria minima: oggi esistono ci sono retribuzioni di 1,5 euro l’ora, inaccettabili. Lo Stato, non i contratti, deve prevedere un salario minimo: può essere indicato in 5 euro l’ora, si può discuterne ma occorre, come in Francia, assolutamente prevederlo. Un terzo punto importante è che la flessibilità  del lavoro è indispensabile ma che una azienda abbia il 50% e più di dipendenti flessibili con i più disparati contratti di staff leasing, interinali, a progetto, a finta partita Iva, a tempo indeterminato ecc, non è accettabile. Si ponga un limite: il 25-30% oltre le sostituzioni, per esempio. Ma se ne parli. 
Occorre poi una riduzione, unificandoli, degli oltre 25 contratti di lavoro, che tra parte economica e parte normativa ogni anno impegnano aziende e lavoratori, aumentandone la durata ad almeno 5 anni, lasciando all’integrativo di regolare il resto. 
C’è poi il capitolo agevolazioni: si è detto più volte che salari e stipendi in Italia sono assai bassi rispetto alla media europea e per la maggior parte dei lavoratori si attestano sui 1.200-1.300 euro netti al mese; è difficile pensare di poterli aumentare almeno del 25% in una situazione economica così difficile. Tuttavia se si esce dalla ormai stanca liturgia contrattuale e ci si incammina verso forme avanzate di welfare integrativo e aziendale e si rivede il regime della tassazione e delle deduzioni, le cose possono davvero migliorare e di molto. Anche qui in sintesi quattro idee che si potrebbero agevolmente mettere a regime senza invenzioni ma solo attualizzando l’articolo 51 e 100 deil Testo unico delle imposte sui redditi: 1) aumentare l’importo deducibile per le imprese — e che non costituisce reddito assoggettato a tasse e contributi per il lavoratore — del buono pasto dagli attuali 5,29 euro (fermi a prima dell’adozione dell’euro e che certamente non consentono una sana alimentazione) ad almeno 10 euro. Del resto, se un’impresa offre il servizio di mensa interna, già  oggi può dedurre tutti i costi e il servizio non costituisce reddito per il dipendente. 2) Introdurre il buono trasporti come accade in molte parti d’Europa e nella vicina Svizzera per compensare in parte l’incremento del costo dei trasporti prevedendo un importo, in ipotesi 8 euro al giorno, in funzione della distanza dal posto di lavoro, il tutto deducibile dall’impresa e non soggetto a tasse e contributi per il lavoratore. Del resto se una azienda offre già  oggi il servizio di trasporto collettivo deduce tutto e non c’è reddito per il lavoratore. 3) Informare i datori di lavoro, cosa che le organizzazioni di categoria in genere fanno poco, che esistono le possibilità  per migliorare le condizioni economiche dei loro dipendenti attraverso benefici in natura quali il «pacco spesa», il «buono libri» ecc; oggi l’importo deducibile per le imprese, e che non costituisce reddito per il lavoratore, è modesto (258,25 euro) ma il governo Monti potrebbe aumentarlo al fine di migliorare le condizioni dei lavoratori e anche i consumi, generando quindi un inizio di circolo virtuoso (più consumi uguale più occupazione); si pensi al pacco spese introdotto da Luxottica. Un’azienda potrebbe offrire ai propri dipendenti una spesa, tutta italiana, del valore di 65 euro (che all’ingrosso e senza fini di lucro costerebbe alla stessa non più di 50 euro) ogni mese. Tradotto significa che le prime due misure, considerando 20 giorni lavorativi medi al mese, consentirebbero un incremento di reddito di 250 euro netti al mese (più 20% di salario rispetto a oggi); aumentando da 258,25 a mille euro l’anno la retribuzione in natura, solo per il buono spesa l’incremento di reddito si attesterebbe sui 300 euro al mese. Ma di proposte utilizzando il welfare integrativo ce ne sarebbero molte e tali da cambiare ed equiparare i dipendenti ai lavoratori autonomi che molte di queste agevolazioni le hanno già . 4) Una revisione del sistema fiscale basato su alte imposte dirette e alte indirette introducendo, come accade in Brasile, Germania, Francia ecc., la deducibilità  delle spese di manutenzione della casa, dell’auto e dei servizi alla famiglia, nei termini che ho illustrato sul Corriere del 9 dicembre scorso e che potrebbero essere meglio approfonditi da Giavazzi e Alesina, consentirebbe ai dipendenti di disporre di una 14° mensilità , allo Stato di incassare di più e di riequilibrare meglio il carico fiscale tra autonomi e dipendenti. 
Infine le incentivazioni: si può istituire un credito d’imposta per le nuove imprese nei settori dell’agricoltura, dei servizi e per tutte le assunzioni di giovani o di soggetti con meno di 60 anni espulsi dal mercato del lavoro, eliminando tutte le riduzioni di contributi sociali e le sottocontribuzioni introdotte negli ultimi 10 anni che rappresentano un debito occulto per lo Stato, oltretutto responsabile di oltre il 50% del deficit previdenziale. Idee fresche per svecchiare liturgie corresponsabili della stagnazione italiana. 
*Presidente CTS Itinerari previdenziali
Docente Università  Cattolica


Related Articles

OMS, si aprono i negoziati per un nuovo trattato sulle pandemie

Loading

Covid-21. L’iniziativa lanciata dall’Ue è appoggiata da 114 stati. Non ci sono Cina e Russia. E’ l’avvio dei negoziati verso un trattato internazionale sulle pandemie, che vincoli gli stati a strategie comuni

Rapporto Svimez 2022: per la crisi mezzo milione di nuovi poveri nel Mezzogiorno

Loading

In tutta Italia 760mila indigenti in più. E cresce il divario Nord-Sud. Occupazione sempre più «precaria». «Siamo l’unico paese europeo che non ha ancora recuperato i danni della crisi del 2007»

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment