Per l’euro è un compleanno mesto ma nessuno ne desidera il collasso

by Editore | 3 Gennaio 2012 9:50

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Dieci anni fa l’entusiasmo fu grande perché la moneta unica era stata pensata e costruita in decenni. Oggi poche sono le celebrazioni mentre taluno prefigura il collasso dell’euro. Non crediamo che finirà  così purché si valuti la storia, il presente, il futuro.
La storia. Che l’euro fosse un punto di arrivo e di partenza era chiaro alle personalità  più avvertite tra cui due italiani che alla sua nascita molto hanno dato. Nel 2002 il Premio Carlo Magno (simbolo dei costruttori dell’Europa unita) fu attribuito all’euro e Carlo Azeglio Ciampi fu delegato a ritirarlo per unanime consenso. Ciampi disse allora che l’euro traduceva un ideale in una istituzione comune che però doveva essere completata con un forte coordinamento delle politiche economiche degli Stati della Uem (Unione economico-monetaria europea), che a tal fine utili erano gli obiettivi del Patto di stabilità  e di crescita già  fissati ma che bisognava andare oltre con nuove istituzioni e procedure operative. Ideali, concretezza e tempismo erano dunque necessari per progredire.
A sua volta Romano Prodi, presidente della Commissione europea, nel dicembre 2001 disse che l’euro richiedeva anche l’introduzione nella Uem di nuovi strumenti di politica economica che tuttavia a quel tempo era «politicamente impossibile proporre. Ma un giorno ci sarà  una crisi ed allora nuovi strumenti saranno creati». 
Purtroppo i nuovi strumenti europei di politica economica della Uem non sono stati creati negli anni passati quando l’economia andava bene anche per merito dell’euro. Vanno perciò creati adesso nella crisi (come aveva previsto Prodi) nata nel 2008 negli Usa e ribaltata poi su una Uem che è solida ma impreparata.
Il presente. Non vogliamo fare un bilancio di costi e benefici dell’euro magari per «decidere» se restare o uscire dalla moneta unica perché sono noti pregi e limiti per l’Europa e per l’Italia. A chi sostiene che la moneta unica senza uno Stato è assurda, possiamo contrapporre i vantaggi che un grande mercato unificato europeo ha portato a imprese e consumatori. A chi sostiene l’impossibilità  di far convivere economie troppo diverse tra loro per produttività , competitività  e finanze pubbliche possiamo contrapporre i danni delle svalutazioni in termini di alta inflazione e di alti tassi di interesse. Tutti i Paesi della Uem hanno avuto dall’euro qualche svantaggio ma i vantaggi sono stati ben maggiori. Un Paese forte come la Germania ha molto aumentato le sue esportazioni verso gli altri Paesi europei. Un Paese semi-debole come l’Italia è sceso da un debito (incontrollato) del 122% del Pil (Prodotto interno lordo) nel 1994 al 104% del 2007 ed è passato da una economia inflazionistica, con esportazioni drogate dalle svalutazioni, a una manifattura competitiva basata molto sulla qualità . Errori ne sono stati tuttavia commessi e tra questi in Italia vi è la mancata vigilanza governativa sui prezzi nel passaggio dalla lira all’euro e la mancata spinta alla crescita competitiva in un decennio di sostanziale (salvo la parentesi di un biennio) continuità  governativa. Per questo, e per la crisi internazionale, siamo adesso di nuovo al 120% di debito su Pil e perciò grandi sono i sacrifici fatti e da fare. Ma l’Italia è rimasta europeista anche per la prospettiva data dal presidente Napolitano alle celebrazioni dei 150 anni della nostra Unità .
Il futuro. Al domani bisogna guardare da due punti di vista: quello esterno e quello interno alla Uem.
All’esterno l’euro è ormai una valuta significativamente presente nelle riserve delle banche centrali e nei mercati finanziari. Con la moneta unica, la Uem ha assunto una rilevanza mondiale in un sistema che è ormai bipolare (dollaro-euro) ma in prospettiva tripolare (con il renminbi cinese o con una nuova valuta cino-giapponese). Non crediamo perciò che ci siano governi interessati al collasso dell’euro e chi lo vede in crisi per un cambio sul dollaro a 1,29 dimentica che la media storica è di 1,20 e che un cambio meno forte serve alle esportazioni.
All’interno della Uem ci vogliono nuovi strumenti di politica economica non certo assorbiti da ferree regole di bilancio. Il presidente Monti ha detto che, dopo aver ricordato alla Germania i vantaggi avuti dall’euro, chiederà  alla Uem (e alla Ue) di operare anche per la crescita (che non dipende solo dai singoli Stati) e di potenziare il Fondo di stabilità  europeo (Efsf) per alleggerire gli abnormi interessi sui titoli di Stato di Paesi ad alto debito aggrediti oggi dai mercati. Noi crediamo che a tali fini siano necessari, tra gli altri strumenti, gli eurounionbond. Per tutto ciò, l’Europa deve capire, come ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel messaggio di fine anno, che bisogna andare avanti con più integrazione, attuare scelte solidali per bloccare la speculazione, non sottovalutare i pericoli delle gravi recessioni, adottare una risposta europea che unisca stabilità  finanziaria e rilancio dello sviluppo. Speriamo che queste siano anche le decisioni degli imminenti vertici europei.

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