Per il Pd l’articolo 18 non è sul tavolo Fassina: «Ma il vero nodo è Bruxelles»
Lo fa ricordando – in un pezzo pubblicato ieri da Europa – di aver firmato, a suo tempo, il disegno di legge Nerozzi, ispirato al progetto di contratto unico degli economisti Boeri e Garibaldi, «perché lo consideravo un passo avanti importante nella direzione giusta». «Parole sagge», ha twittato Walter Veltroni. La minoranza Pd offre quindi il calumet della pace al segretario Bersani. E così si dimostra disponibile a sminare la discussione dell’assemblea nazionale del 20 e 21 gennaio sul governo Monti.
I demoliberisti di area veltroniana dunque si allineano, accogliendo la proposta di Franco Marini di ricompattare tutto il partito intorno all’idea contratto unico contenuta, nel testo Nerozzi. E soprattutto accogliendo la raccomandazione che negli scorsi giorni lo stesso Bersani ha fatto circolare nel gruppo dirigente: meno chiacchiere in libertà sui «temi sensibili» del governo, che nel Pd diventano ipersensibili e rischiano di soffiare sul fuoco delle divisioni.
Esce quindi di scena, almeno nel dossier delle proposte democratiche, la cancellazione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Sul quale del resto anche il governo continua a non avere le idee troppo chiare, almeno quanto alla tempistica e all’opportunità di affrontare la discussione in parlamento. È questa l’impressione che ne ha ricavato chi in questi giorni parla con la ministra Fornero. Del resto, se gli incontri con le parti sociali partiranno subito, il governo però si sta orientando a portare in parlamento la riforma del mercato del lavoro non prima di aprile o maggio. Comunque non prima del pacchetto delle liberalizzazioni, che potrebbe arrivare sul tavolo del consiglio dei ministri già nella riunione del 20 gennaio.
Come sin dall’inizio Bersani aveva chiesto a Monti. I due oggi si incontreranno in nella istituzionalissima occasione della festa del Tricolore, a Reggio Emilia. Potrebbe essere l’occasione per un primo scambio di opinioni proprio su questo.
«Per noi l’articolo 18 non è mai stata sul tavolo delle trattative», spiega Stefano Fassina, responsabile di economia e lavoro del Nazareno. Giovedì 12 gennaio il Pd riunirà alla camera il suo forum lavoro, ovvero tutti i suoi esperti e tecnici per «affinare» la propria proposta di riforma del mercato del lavoro. Si tratta di unificare i testi Damiano-Madia e Nerozzi-Marini. Con qualche aggiunta: ad esempio l’allineamento dei contributi fra lavoro precario e lavoro a tempo indeterminato e l’introduzione di un salario orario minimo per i lavoratori che stanno fuori dai contratti collettivi. «Nessun cambio di rotta rispetto alle decisioni già assunte», chiarisce Fassina. E questo dovrebbe significare che le proposte di Ichino e compagnia Modem al momento non fanno parte del pacchetto che il Pd porterà sul tavolo di Palazzo Chigi, quando finalmente Monti chiamerà . In realtà , poi, non sarà neanche il contratto unico il piatto forte della proposta, ma il canale di accesso privilegiato dedicato ai giovani e ai lavoratori più deboli; con un periodo a prevalente carattere formativo (tre anni per la proposta Nerozzi); e poi la stabilizzazione definitiva secondo le regole esistenti, quindi articolo 18 compreso.
Anche perché, visti i pesanti dati Istat sull’occupazione resi noti in questi giorni, ragiona l’ex ministro Cesare Damiano, «aggravati dal fenomeno in aumento dei cosiddetti lavoratori ‘scoraggiati’», ovvero l’oltre 1 milione e mezzo di persone che hanno persino smesso di cercare un lavoro, «è giunto il tempo di favorire nuove assunzioni attraverso un sostegno alla crescita e di impedire licenziamenti facili. Tutta questa situazione mette in luce quanto sia destituita di fondamento qualsiasi iniziativa tesa a cancellare o a indebolire l’articolo 18». «Questa disputa sull’articolo 18 non può esistere», insiste Fassina. «Dimostra il provincialismo di alcuni di quelli che partecipano a questo dibattito. In queste ore la discussione seria, per il futuro dell’Italia e dell’Europa, è a Bruxelles».
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