Palermo in mano ai “forconi” ambulanze senza più benzina in piazza brucia il Tricolore

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PALERMO – Mai l’avevamo vista così ferma e così vuota Palermo. Una città  fantasma che si ritrova senza più niente in questo gennaio di rivolta. Senza benzina, senza auto, senza i suoi rumori e senza più neanche più il suo malvoluto sindaco.
Bruciano bandiere italiane e sventolano quelle della Trinacria, un sicilianismo che ogni tanto ritorna e dà  la sua zampata e che da quattro giorni ha messo sotto assedio un’isola.
Per arrivare dall’aeroporto al porto, al tramonto ci vuole un’ora e mezza e forse più. Ieri siamo scesi dall’aereo e venticinque minuti dopo eravamo già  in mezzo ai Tir sui moli e fra i forconi dietro la stazione dei treni. 
Si ribellano tutti stasera. Camionisti. Agricoltori. Studenti. Pescatori. Montano sulla protesta i neofascisti insieme a quelli dei centro sociali, vecchi politicanti e aspiranti capipopolo, destra e sinistra che si mischia, gruppi di malacarne, forse addirittura «la mafia». 
Il furbissimo governatore della Sicilia Raffaele Lombardo fa la corte ai rivoltosi ma sottobanco frena. Ha parlato con Mario Monti. Il capo del governo dice che quello che accade giù in Sicilia «è grave e preoccupante». Mercoledì il governatore sarà  a Palazzo Chigi trascinandosi dietro i «Masaniello» di questo tumulto.
Incroci presidiati, mercati assaltati, scaffali vuoti. Palermo è ormai anche a corto d’acqua e di latte. Il carburante è finito. In tutta la Sicilia ci sono 190 blocchi stradali. Non si passa sotto Enna, non si attraversa Gela, sbarrati gli svincoli delle statali fra Catania e Siracusa. 
Forse stanotte i ribelli allenteranno la presa. Ufficialmente ci saranno altri cinque giorni di passione, ma la verità  si saprà  solo oggi. La benzina e le merci di prima necessità  dovrebbero passare « a singhiozzo». Metà  Sicilia sta con loro e l’altra metà  li detesta. Ma soffrono tutti. 
Un giro per Palermo, intorno alle 19. La circonvallazione che è sempre un imbuto stasera è una pista, via Libertà  una lunga isola pedonale fra i platani, piazza Politeama un immenso posteggio di taxi senza tassisti. Sciopero. «Ho autonomia ancora per circa 120 chilometri», dice l’amico che ci viene a prendere a Punta Raisi. Ha fatto benzina martedì, poi non ha trovato più un distributore aperto. Sono tutti recintati con il nastro, i cartelli avvertono: «Esaurita». Si sparge la voce che ce n’è uno che riempirà  le taniche all’alba di domani. E’ dietro la montagna di Mondello. Ci andiamo. Ci sono centinaia di auto in fila. Una colonna lunga chilometri. Aspettano tutti di fare il pieno. Quando? «Non lo sappiamo», risponde un impiegato comunale che è qui da mezzogiorno. Non lo sa nessuno ma intanto hanno preso il turno.
Non c’è benzina per le ambulanze, per le auto del Tribunale, per i furgoni degli uffici postali. Sono rimasti a piedi anche i vigili urbani di Agrigento. C’è anche un po’ di mercato nero. Una donna ha denunciato alla polizia un benzinaio che ha venduto quattro litri a 20 euro. Nella notte i poliziotti hanno arrestato un ragazzo che stava rubando benzina da un’auto in sosta.
Cominciano a scarseggiare viveri anche nelle zone residenziali. In un supermercato di via Sardegna manca pasta e yogurth, in un altro di via dei Nebrodi farina e mozzarelle. C’è solo acqua frizzante. 
Le farmacie fino a ieri erano fornite, nei depositi si distribuiscono però con prudenza antibiotici e antifiammatori.
A piazza Marina davanti ai meravigliosi ficus giganti gli studenti di prima mattina danno fuoco alla bandiera italiana, mentre dall’altra parte della città  in migliaia distendono gli striscioni del «Movimento dei forconi», drappo blù e Sicilia gialla al centro.
Perché protesta tutta questa gente in Sicilia?
Veramente non è molto chiaro. Per fame, dice qualcuno. Per disperazione, qualcun altro. I camionisti perché vogliono la riduzione delle accise sulla benzina, ma sono uniti ai pescatori e agli agricoltori che quegli sconti li hanno già . Vogliono tariffe autostradali agevolate, meno tasse, luce e metano più a buon mercato per i cittadini dell’isola. E, naturalmente, l’applicazione «piena dello Statuto siciliano» 
Rivendicazioni separatiste. Il brodo del governatore Lombardo. Sicilia, sicilianità , autonomia. Ma in questi giorni con un contorno qui e là  di cattivi odori. Il presidente di Sicindustria Ivan Lo Bello parla da ieri l’altro di «infiltrazioni mafiose» fra gli insorti. Vero? Falso? «Fuori i nomi», gli replica in vecchio stile intimidatorio Martino Morsello del «Movimento dei Forconi». E poi inizia lo sciopero della fame. La procura di Palermo probabilmente aprirà  un fascicolo.
Un altro dei «Forconi», Mariano Ferro, annuncia: «Non ce ne andiamo dalle piazze, riduciamo solo un po’ i presidi per non fare scoppiare la guerra civile».
Tutti insieme sono diventati «Forza d’Urto», un’accozzaglia di bisogni e di risentimenti, voglia di serrata e di disordine, forse anche qualche padrino politico che trama nell’ombra.
E’ sera tarda a Palermo e le luci del porto illuminano i camion allineati su quattro file. Ce ne sono 190 ancora fermi sullo Stretto, questi sulle banchine sotto Montepellegrino saranno almeno duecento. All’ormeggio «H» e all’ormeggio «I» agitano le ali e schiamazzano anche migliaia di galline chiuse in un rimorchio. Al porto arriva la notizia che se i padroncini dei camion molleranno la presa ci sarà  il blocco navale. Tutte le barche dei pescatori siciliani si schiereranno a muraglia per chiudere anche il mare. E’ solo il sogno dei più duri dei ribelli. La notizia non è vera.


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