Operazione 9 mila euro Così onorevoli e senatori si adegueranno all’Europa
ROMA – Operazione novemila euro. I presidenti di Camera e Senato non oseranno mai chiamarla così, ma la manovra che tenteranno di condurre in porto nelle prossime tre settimane è proprio quella di ridurre la retribuzione complessiva netta di deputati (oggi circa 12.500 tra reddito, diaria e rimborso portaborse) e senatori (circa 13.000) fino a quella soglia. Il taglio secco dovrebbe variare tra i 3.690 euro di Montecitorio e i 4.100 di Palazzo Madama. Ma non un colpo di forbici sul reddito in senso stretto, perché quello non sarà toccato: Schifani e Fini su questo punto concordano. La tassazione italiana riduce già il reddito netto dei parlamentari, appunto, a 5 mila euro circa alla Camera e 5.500 al Senato, come spiegava ieri la nota della presidenza di Montecitorio in risposta alla relazione Giovannini. Piuttosto, si inciderà sul budget da 4.100 del Senato e di 3.690 della Camera per il portaborse. L’obiettivo è sottrarlo alla disponibilità di deputati e senatori perché sia l’amministrazione a pagare il collaboratore. Non sarà un’operazione facile. La rivolta di ieri mette già in guardia da facili ottimismi. Il presidente del Senato Schifani ha già fatto sapere che «sarà fatto tutto quel che è necessario, ma con cautela, responsabilità e coinvolgendo tutti i senatori: nella più assoluta democrazia». E i veti non mancheranno. Fini, come Schifani, trascorre gli ultimi giorni di vacanza lontano dall’Italia. Di fronte all’ondata delle polemiche legata alla relazione Giovannini, resta fermo nell’intenzione di intervenire e in fretta entro il 31 gennaio, come promesso. Ma – confidava a chi lo ha sentito – per eliminare le «anomalie» italiane, quella del budget discrezionale sul portaborse in primis, «senza cedere all’antipolitica e a chi ritiene la democrazia un costo». Uffici di presidenza già al lavoro la prossima settimana.
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