by Editore | 5 Gennaio 2012 8:36
Autopsia di un falso. I diari di Mussolini e la manipolazione della storia (Bollati Boringhieri 2011, pp. 278, euro 16) di Mimmo Franzinelli è un saggio storico sulla complicata vicenda della costruzione, del tentativo di vendita e di speculazione, di alcuni volumi dei supposti diari di Mussolini, e insieme un’analisi del testo di questi diari recentemente messi in circolazione da un importante editore italiano, malgrado alcuni tra i maggiori studiosi del fascismo ne avessero contestato l’autenticità .
Una paziente ricerca
Mimmo Franzinelli ci spiega in questo volume che la costruzione di falsi diari di Mussolini comincia negli anni ’50 grazie alle doti di riproduzione della calligrafia di Mussolini di due donne, Rosetta e Amalia Panvini Rosati, madre e figlia, principalmente per ragioni economiche. Una fonte di reddito non indifferente in un’Italia che continuava ad essere, in alcuni settori e malgrado tutto, affascinata dal dittatore e alla ricerca di un’immagine più pacificante della sua storia.
Sono gli anni, quelli della produzione di questi diari – come ci ha recentemente e ampiamente raccontato Cristina Baldassini in L’ombra di Mussolini. L’Italia moderata e la memoria del fascismo (1945-1960) edito da Rubbettino (pp. 352, euro 18) – in cui i rotocalchi pubblicano interviste a Rachele ed Edvige Mussolini, ma anche alle madri, alle mogli e alle figlie di squadristi e gerarchi, osservati attraverso la loro vita privata, quasi come se quelle interviste e quelle notizie non avessero alcun peso politico, ma fossero solo ritratti di costume.
I diari di Benito Mussolini, scritti per essere fatti circolare e venduti come veri, vengono a più riprese giudicati falsi dalle autorità giudiziarie, da storici, archivisti e grafologi, e più volte rimessi in circolazione. Tuttavia, la presenza di giudizi contrastanti e talvolta mutevoli sull’autenticità ne ha favorito la riemersione, anche perché è ampiamente attestato che Benito Mussolini in varie fasi della sua vita tenne un diario, e gli storici, i giornalisti e gli editori (oltre ai nostalgici), specie nel dopoguerra – ma la pubblicazione oggi dimostra l’interesse ancora vivo per questi testi -, cercavano e speravano di ritrovarli.
Franzinelli pazientemente ricostruisce questa storia: insegue queste pagine nel corso degli anni, cercando di capire che percorso abbiano fatto; cerca di trovare le mani che hanno potuto toccare e vedere questi testi, per attestarne l’autenticità o meno; si chiede se questi diari che compaiono e scompaiono siano sempre gli stessi oppure no.
E arriva addirittura, ma solo dopo la pubblicazione del proprio volume, a scoprire chi sia il proprietario anonimo dei diari dal quale il senatore Marcello Dell’Utri, tramite mediatori, è riuscito ad acquistare i volumi. Si tratta di un anziano commerciante di Domodossola, figlio di un partigiano – come nella vulgata più diffusa sulle origini del diario, per rendere più verosimile la storia del ritrovamento – ma non di un partigiano presente al Dongo, dove Mussolini venne catturato e ucciso (Antonio Carioti, Enrico Mannucci, Il giallo dei ‘Diari’ di Mussolini. Svelato il nome del possessore, «Corriere della Sera», 21 aprile 2011).
Le perizie tedesche
La parte più notevole di Autopsia di un falso è quella in cui Franzinelli mette a confronto la pubblicazione dei (falsi) diari di Hitler in Germania nel 1983 da parte del setimanale «Stern» (tradotti immediatamente in molte lingue) e l’edizione dei diari di Mussolini – veri o presunti, come recita ambiguamentte il titolo dell’editore Bompiani.
In quel caso – la Germania degli anni ’80 – lo Stato decideva di andare alla ricerca della verità , affidando una perizia agli archivisti dell’archivio di Stato tedesco, e il Ministro dell’Interno si prendeva la responsabilità di dichiarare in conferenza stampa che i volumi erano contraffatti, giungendo così a una denuncia e condanna penale dei responsabili e chiudendo per sempre la storia di quel caso editoriale.
In Italia, il nulla, come se le istituzioni di questo paese – anche quelle culturali – non si sentissero coinvolte dall’esistenza di questo testo e dall’incertezza sulla veridicità del testo. È il tipo di rapporto con il proprio passato e il modo con cui si vogliono o non si vogliono fare i conti con esso che determina la differenza di reazione nei due paesi. Del resto, in Germania, non era stato un senatore a far emergere il testo e a testimoniarne l’autenticità in dichiarazioni e presentazioni pubbliche, dopo averne comprato i manoscritti.
Nell’Italia del 2010-2011 nessuno però si stupisce. Sono pochi a sentirsi interrogati del fatto che un editore nazionale si permetta una simile leggerezza, disinteressandosi se il testo sia vero oppure no, perché anche se fosse falso (dichiara Bompiani) sarebbe comunque significativo.
Non saremo certo noi a negare l’evidenza di questa dichiarazione, ma perché un falso sia significativo bisogna spiegare o capire il contesto e le ragioni per cui è stato creato; se invece si lascia intendere che vero o falso pari sono, la situazione cambia radicalmente. L’operazione culturale che soggiace alla pubblicazione di questi diari andrebbe, del resto, maggiormente indagata anche per farsi un’idea dei messaggi che veicola questo testo.
Il volume dei diari dedicato al 1939 – I Diari di Mussolini 1939 (Bompiani 2010, pp. 994, euro 21,50) – è quello che Franzinelli analizza. Questo volume ha venduto già almeno diecimila copie, ma nessun’altra casa editrice internazionale di rilievo ha pensato di tradurre e pubblicare questo testo in un altro paese (e non per disinteresse al tema, visto che i diari della amante di Mussolini, Clara Petacci, sono stati recentemente tradotti in molte lingue). Ora abbiamo tra le mani anche un altro pezzo d’annata, quello dedicato al 1935 – I Diari di Mussolini 1935 (Bompiani 2011, pp. 836, euro 22,90), e parleremo di questo.
Il volume si compone di una introduzione, rigorosamente anonima e solo apparentemente equanime, che non risolve l’interrogativo/non interrogativo del titolo, ma che contesta le conclusioni del volume di Franzinelli. Successivamente c’è il testo integrale del diario e infine sono pubblicate le copie fotostatiche degli originali, per un totale di oltre ottocento pagine.
Sgrammaticature
Benito Mussolini disquisisce in queste pagine soprattutto del tempo atmosferico o del clima, o alternativamente si dedica alla trascrizione quasi alla lettera dei quotidiani del tempo. Un esempio tra i molti (tratto da pagina 108, 3 febbraio 1935): «eccezionale flusso di venti caldi il termometro segna 18 gr – Mare fortemene ondoso – nuvole e sole – Palazzo dell’Esposizione – Alla “vernice” della IIa Quadriennale d’Arte due ore di attenta osservazione di tutte le opere – Domani con l’intervento dei sovrani la mostra aprirà le porte al pubblico…».
Lo stile è molto diverso da quello del Mussolini oratore o giornalista. E, malgrado vi siano riscontri di un Mussolini più intimista nelle pagine dei diari – come ha riferito la sorella, Edvige -, chi scrive queste pagine ci appare uno sconosciuto che consegna al privato un’idea del fascismo e dell’uomo fascista che nulla ha a che fare con gli obiettivi politici del suo governo, oltre che con la retorica e la propaganda di quegli anni. Due immagini completamente scisse, il Mussolini privato e quello pubblico, per nulla dialoganti tra loro. Due uomini diversi e inconsapevoli della propria diversità .
Inoltre, come è stato rilevato dalla perizia dello storico Emilio Gentile per il settimanale «l’Espresso» sui quattro volumi 1935-39 – e osservato anche da Franzinelli per il 1939 – si ripetono in queste pagine frequenti errori grammaticali spiccioli, incongruenze anche nella trascrizione di nomi di conoscenti e amici di lungo corso, oltre che errori di data, così come abbreviazioni poco conformi alle abitudini di Mussolini ed errori materiali su luoghi geografici ampiamente frequentati o conosciuti. Questo Mussolini pare un po’ troppo sgrammaticato, scialbo e privo di memoria anche per chi non simpatizzi con il personaggio.
Potenti irresponsabili
Nel mare di osservazioni inutili e ricopiate tra i giornali, compaiono tuttavia spie evidenti della ragione di questa operazione politico-culturale. In queste pagine, infatti, Mussolini odia la guerra e se ne chiede la ragione, anche nel 1935, poco prima di attaccare l’Etiopia; schiva l’adulazione e si mostra disinteressato alla propria immagine; stima i suoi oppositori politici, al punto di affermare che diverse idee politiche hanno la stessa dignità ; e non è per niente legato ai tedeschi e ad Adolf Hitler: non nel 1935 e neppure nel 1939.
Insomma in queste pagine si incontra un dittatore buono, forse un po’ limitato, ma decisamente in buona fede e come trascinato (non si capisce da chi) in una vicenda – l’alleanza con la Germania e la Seconda guerra mondiale – di cui non è, almeno psicologicamente, responsabile. L’edizione odierna dei diari sembra dirci che i disastri e le responsabilità del regime di Mussolini possono diluirsi nella buona fede di chi ne fu l’artefice: la cultura dell’irresponsabilità dei potenti di fronte alle loro scelte è di grande attualità .
STORIA
Dal ’38 al ’45,
una mostra a Roma
Alla Casa della Memoria e della Storia di Roma è allestita fino al 16 gennaio la mostra «Sterminio in Europa», che ripercorre attraverso immagini e testi lo sviluppo dell’ideologia nazista e fascista, fino alla Seconda Guerra Mondiale. In particolare l’esposizione, organizzata dall’Aned (l’associazione degli ex deportati politici nei campi nazisti) prende le mosse dagli anni tragici della proclamazione in Italia delle leggi razziali nel 1938, con le quali gli ebrei vennero discriminati e espulsi da ogni settore della vita pubblica e professionale fino ad arrivare agli orrori della «soluzione finale» nei campi di concentramento nazisti, che costò dodici milioni di deportati e undici milioni di sterminati. Insieme agli ebrei e ai rom, destinati a subire l’eliminazione totale in questi campi attrezzati per lo sterminio, anche migliaia di oppositori politici, omosessuali e Testimoni di Geova vennero deportati e condotti a morte con lavoro forzato, fame, torture.
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