by Editore | 30 Gennaio 2012 7:05
ROMA — Il peggior rischio per il governo, alla vigilia della trattativa sul mercato del lavoro, che dovrebbe partire alla fine della settimana, è che le parti sociali, che si vedranno tra loro mercoledì, si saldino su posizioni conservative dell’esistente, ciascuna inalberando il proprio tema-tabù.
E invece per il presidente del Consiglio, Mario Monti, tabù non ce ne sono: il premier è determinatissimo e considera questa trattativa la più importante per la crescita del Paese e la credibilità internazionale. Al punto di legare il prosieguo del proprio impegno al governo all’esito della stessa. O riforma o dimissioni, per dirla brutalmente.
Su ciascuno dei quattro tavoli su cui si aprirà il confronto, forme contrattuali, formazione, flessibilità e ammortizzatori sociali, il governo vuol portare a casa un risultato spendibile in Europa. Questo significa che si parlerà anche di flessibilità in uscita, il tema più caldo.
Ma per evitare che tutto salti, è possibile che l’esecutivo proponga una sperimentazione territoriale di flexsecurity. Si tratta della possibilità che alcune Regioni si prestino a provare la nuova formula quasi-danese (quella danese è troppo costosa) pagando, ai lavoratori che perdano il lavoro, i costi del ricollocamento e dei servizi di riqualificazione mirati. Certo, servirà che ci siano anche imprese disponibili a garantire, durante la riqualificazione, un trattamento complementare di disoccupazione, ma il modello che dovrà scaturirne è quello di cui parla in questi giorni Monti: non la tutela del posto di lavoro ma quella del lavoratore.
Per arrivare a parlare di questo bisognerà disinnescare tutta una serie di mine poste sul percorso. Qualche errore di comunicazione è già stato fatto: la presentazione del documento da parte del ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha messo in agitazione i sindacati, malgrado sia stato ritirato. Ieri il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, ha inviato il suo messaggio: «La Cisl è per trovare una sintesi, con una trattativa senza paletti che privilegi una soluzione condivisa da tutte le parti sociali e dalla maggioranza parlamentare». Ancora più esplicito Luigi Angeletti, segretario generale della Uil che ieri ha dichiarato: «Deve essere chiaro che una trattativa deve avere una mission: dobbiamo sapere se vogliamo fare un accordo o solo uno scambio di opinioni». Tradotto: il governo non si azzardi a formulare una propria sintesi delle posizioni in campo per proporla al Parlamento. Per Cisl e Uil la sintesi va trovata al tavolo, con tutte le parti sociali, altrimenti il Parlamento si spaccherà e non approverà mai un documento imposto. È questo, più che un improbabile «avviso comune», il messaggio che dovrebbe emergere dal vertice delle parti sociali che forse si terrà presso la sede dell’Abi, l’associazione delle banche.
Il governo peraltro si è prefissato dei tempi: l’idea è chiudere i tavoli a fine febbraio e avere un disegno di legge che possa essere varato entro marzo, prima delle scadenze elettorali (amministrative), affinché la trattativa non sia inquinata dalla campagna elettorale. Dunque c’è più tempo rispetto ai tre provvedimenti adottati finora, ma c’è anche una scadenza. Anche lo strumento è diverso: non un decreto ma un disegno di legge che, nelle intenzioni del governo, dovrebbe essere varato nel giro di un mese. Anche questa, una scommessa.
Perché tutto funzioni, uno schema di lavoro c’è, anche se non saranno consegnati documenti. Le linee guida si colgono tra le righe delle ultime dichiarazioni rese da Monti e Fornero. Semplificare la giungla dei contratti, disincentivando quelli che producono precarietà è un obiettivo su cui convergono tutte le parti, come anche rafforzare l’apprendistato. Le divergenze per ora iniziano parlando di formazione e ricollocamento e proseguendo sul tema degli ammortizzatori sociali, dove il governo prevede una flessibilità in uscita in cui il lavoratore non venga abbandonato a se stesso. «Emergenza è la precarietà , se la parola riforma ha senso, da lì bisogna partire» ha mandato a dire via Twitter ieri il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, indicando la priorità per il suo sindacato. Ma anche per questo governo.
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