Museo della Resistenza a rischio di chiusura

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La mappa delle chiusure e delle cancellazioni di eventi, festival, rassegne, luoghi, in cui la cultura, sovente con poco denaro e molti sacrifici, viene a messa a disposizione dei cittadini, è fitta di nomi da Nord a Sud della penisola. A Nord, a Torino, c’è un Museo, quello Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà , che rischia un amaro destino a soli otto anni dalla sua apertura. 
In otto anni, il Museo, il cui allestimento permanente e multimediale porta il titolo Torino 1938-1948. Dalle leggi razziali alla Costituzione, ha organizzato, seguendo il filo conduttore del territorio e della memoria, incontri, manifestazioni, seminari, spettacoli, cicli cinematografici, decine e decine di visite guidate per le scolaresche di ogni grado, e ben trentacinque mostre, alcune particolarmente significative. Basterà  citare, nel 2011, Turin-Earth. Città  e nuove migrazioni; nel 2010, Anne Frank. Una storia attuale; nel 2009 I giovani e la Costituzione; un anno prima, la splendida mostra fotografica Cecenia: una guerra e una pacificazione violenta. E così a ritroso, fino alla prima, nel 2003: Un’immagine dell’Italia 1946-2003. Mostra di una mostra sulla Resistenza.
Il palazzo dove il Museo è ospitato, accoglie tre Istituti specializzati nella storia del Novecento: l’Archivio nazionale cinematografico della Resistenza, l’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società  contemporanea Giorgio Agosti, il Centro internazionale di studi Primo Levi, con un patrimonio unico a livello europeo. La cineteca custodisce circa duemila titoli, diecimila sono quelli della videoteca, settantamila i volumi della biblioteca. Cui vanno aggiunti i materiali cartacei, le registrazioni, gli audiovisivi, le fotografie dell’archivio. 
La nascita e la vita del Museo Diffuso erano state garantite finora dai finanziamenti dei soci fondatori pubblici (Comune, Provincia, Regione), 140mila euro lo scorso anno, corrisposti solo in parte, e da quelli di alcune fondazioni bancarie, in primis la Compagnia di san Paolo. Adesso, pubblico e privato paiono seriamente intenzionati a ritirarsi dal campo. L’ipotesi poggia su segnali più che evidenti. La quota 2011 della Regione Piemonte non è stata ancora deliberata. Nel frattempo, il rosso dei conti si è aggravato a fronte di un pesante affidamento bancario e i conseguenti oneri, e al forte indebitamento verso i fornitori.
Il Museo, quindi, ha dovuto prendere atto dell’impossibilità  di redigere un bilancio preventivo. A colmare la misura, il fatto che nessuno dei soci ha dato alcun tipo di garanzia di finanziamento per il 2012. Insomma: il futuro è avvolto nel buio più totale; la prospettiva di fermare le attività  e i progetti, purtroppo assai concreta. In un comunicato diffuso alle istituzioni, ai media e all’attenzione della cittadinanza, il presidente Gianmaria Ajani e il presidente del comitato scientifico Vladimiro Zagrebelski, sottolineano con amarezza e mille ragioni che la chiusura «…sarebbe un fatto gravissimo, carico di significati culturali, storici, politici». 
L’Arci ha organizzato un programma di iniziative di sostegno dal titolo Insieme per la memoria, che si svolgerà  al Museo e nei circoli territoriali fino al prossimo gennaio. Davanti alla fuga delle istituzioni e alla latitanza delle fondazioni, l’ultima carta da giocare, triste ed eterna storia anche questa, è il ricorso alla generosità  dei cittadini. 
Chi vuole partecipare al tentativo di salvare una piccola ma importante realtà  culturale, può inviare il proprio contributo tramite bonifico all’associazione Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà  – Banca Prossima – IBAN IT80 Q033 5901 6001 0000 0019 375, con causale «Sostegno al Museo Diffuso». Viene da dire: ma che paese è, un paese in cui la politica si affida alle collette e alle sottoscrizioni, senza preoccuparsi minimamente di perderci, ogni volta, la faccia? Inutile cercare una risposta.


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