Monti: «Ora convinceremo i mercati»

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LONDRA — Varcando il portone del Financial Times si dice «sicuro» di poter «convincere i mercati della solidità  e dell’affidabilità » dell’Italia. Con il primo ministro inglese concorda sul fatto che in Europa «esiste un problema di governance» e che da febbraio il Vecchio Continente dovrà  occuparsi di crescita, «cominciando a immaginare l’integrazione dei mercati europei dell’energia e dei servizi».
La visita di Mario Monti nella capitale britannica è un tour de force: una sorta di road show dell’Italia, di un giorno, nel cuore del Regno Unito. Dopo aver reso omaggio al più autorevole giornale inglese, dopo aver concordato con Cameron le sinergie possibili sul fronte comunitario, il premier italiano si sposta alla City e davanti a un centinaio di operatori di Borsa cerca di illustrare le misure prese e quelle che sta per adottare. Infine, prima di incontrare il leader dell’opposizione, Ed Milliband, si sposta all’università , per tenere una lezione di economia agli studenti.
L’incastro delle tappe è preceduto e seguito da alcune interviste. Alla Radio Vaticana, e all’Osservatore Romano, Monti dice che «nessuno è in grado di prevedere la fine della crisi», ma che per quanto riguarda il nostro Paese esistono motivi di speranza legati al cambiamento di alcuni comportamenti, in primo luogo fiscali: «Chi evade offre ai propri figli pane avvelenato, per qualche euro in più li renderà  cittadini di un Paese meno vivibile».
Lo stesso argomento tocca alla City, spiegando in inglese che il suo governo si attende grandi risultati dalla lotta all’evasione. Fa bella figura davanti ad un broker che gli chiede dello spread con i bund: estrae dalla tasca l’i-phone e sorprende gli operatori dando l’ultima quotazione degli interessi sui nostri titoli, in tempo reale. «Una scena che abbiamo apprezzato, dimostra competenza», dirà  uno dei partecipanti all’incontro.
Nel giorno in cui la recessione in Italia diventa cifra statistica, quest’anno forse superiore all’1%, avverte Mps, il compito del presidente del Consiglio non è facile. Alla City si respira anche diffidenza, un cronista della Bbc chiede perché mai gli inglesi dovrebbero finanziare piani di salvataggio dei Paesi europei, figuriamoci dell’Italia, dopo la stagione Berlusconi. Monti risponde alla domanda, dal tono aggressivo, in questo modo: «Nessuno, credo, vi ha mai chiesto un penny. Sino ad ora l’Italia non è costata un penny. Rispetto la sua opinione sul precedente premier, ma fatico a vedere una connessione con il peso finanziario dei contribuenti inglesi».
Convincere insomma non è facile. Nel Paese più liberalizzato d’Europa il premier annuncia il decreto di maggiore apertura del mercato italiano, l’imminente separazione della rete del gas dalla produzione. Cadranno «privilegi e barriere». Ricorda che l’anno prossimo saremo a «zero deficit, mentre altri Paesi ci arriveranno molto dopo». Promette, facendo presente che «la riforma delle pensioni è vigente». Lo spread è in calo per il secondo giorno, mentre ai broker occorre dire dei «tre partiti che non facevano altro che litigare, ora ci sostengono».
A fine giornata il bilancio è positivo. L’agenzia Fitch ha detto che Monti «può fare la differenza». Davanti a Cameron, a scanso di equivoci, il premier puntualizza: «Non chiediamo nulla alla Germania, tanto meno concessioni, ma esiste un problema di governance, quella attuale non è all’altezza». Colpisce una frase al Financial Times: «Spero che l’Italia diventi un Paese annoiante». Che faccia meno notizia di oggi.


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